La donna mussulmana? “Nel pollaio” ma non se ne parla

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E’ passata sotto silenzio generale dei media la preghiera islamica di fine Ramadan di alcuni giorni fa in Piazza dei Mirti a Centocelle, quartiere popolare di Roma, dove le donne mussulmane sono state confinate in un lato della piazza, in un recinto oscurato da teloni, ben separate dagli uomini, in modo che i due sessi non potessero nemmeno guardarsi.

La cosa ha suscitato ovviamente indignazione, non tanto per la separazione in sé, fatto che avveniva usualmente, senza barriere fisiche però, anche nelle nostre chiese prima Concilio Vaticano, quanto per il fatto che tale separazione, oltre a non essere prescritta da alcuna norma del Corano, viene comunque bellamente imposta.

Non si è sentito alcun commento, meno che meno negativo, da parte delle femministe delle panchine rosse, nessun accenno al patriarcato islamico che regolarmente coarta la donna.

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Semplicemente la galassia progressista su questo fatto è letteralmente scomparsa dai radar, forse distratta dai noti scandali e da una irrisolta questione morale. 

Forse vale la pena rilevare che il suolo della Repubblica Italiana non può tollerare simili episodi, contrari alla Costituzione.

Forse vale la pena osservare che la libertà di culto non deve essere contraria all’ ordine pubblico e all’ osservanza delle leggi che proibiscono ogni forma di discriminazione o, peggio, segregazione.

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Vale anche la pena ricordare che è proibito indossare copricapi o altro che impediscano il libero riconoscimento dei lineamenti del volto, divieto quasi sempre disatteso anche dalle forze dell’ ordine.

Vale la pena osservare che in questo modo non può avvenire alcuna integrazione ma solo una passiva sottomissione delle nostre leggi e della nostra cultura a quella altrui.

a cura di Stefano Sforzellini

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