Bolzano Provincia
Un milione di euro dai microcampioni: la proposta per il canile della Sill
La recente introduzione dell’obbligo di profilazione del DNA per i cani in Alto Adige, entrata in vigore nel 2024, ha prodotto effetti concreti e controversi: oltre 11.000 proprietari hanno già provveduto a far analizzare il loro animale spendendo in media circa 100 euro a testa, una raccolta che si aggira attorno al milione di euro. Il patrimonio accumulato solleva oggi un problema pratico e politico: i rimborsi ai cittadini appaiono di fatto impraticabili.
Sul tavolo della discussione è intervenuto il consigliere Gabriele Repetto, capogruppo de La Civica e consigliere comunale, che propone una soluzione alternativa rivolta al sistema sanitario provinciale per gli animali. La sua proposta prevede di destinare l’intera somma al canile sanitario della Sill, struttura ubicata a Bolzano con valenza provinciale, per finanziare l’assunzione di due veterinari aggiuntivi per dieci anni. Il calcolo alla base dell’ipotesi parte da una spesa stimata di 50.000 euro annui per ciascun veterinario, cifra che renderebbe sostenibile l’investimento sul medio periodo utilizzando proprio le risorse già raccolte.
Il canile sanitario della Sill svolge funzioni di carattere provinciale ospitando animali smarriti, ceduti, abbandonati o posti sotto sequestro dall’Autorità Giudiziaria. È una struttura che, secondo più segnalazioni, opera con un carico di lavoro elevatissimo e ha già collaborato con la Provincia per l’attività di prelievo dei campioni di DNA necessari alla profilazione. Destinare i fondi raccolti alla Sill significherebbe non solo potenziare la qualità delle cure veterinarie offerte agli animali ospiti, ma anche riconoscere indirettamente l’impegno del personale che ha partecipato alle operazioni sul territorio.
La proposta di Repetto si inserisce in un contesto in cui la competenza sulla legge che ha imposto la profilazione del DNA dei cani è appannaggio della Provincia. Fonti regionali hanno evidenziato le difficoltà tecniche e amministrative legate a eventuali rimborsi: tornare indietro sulle procedure già eseguite e sulle somme incassate comporterebbe costi e complessità che riducono la praticabilità dell’operazione.
Per questo motivo, la soluzione indicata dal consigliere viene presentata come un’alternativa pragmatica, che trasformerebbe una criticità amministrativa in un’opportunità di rafforzamento del servizio veterinario provinciale. Restano tuttavia questioni aperte sul piano politico e sulla necessità di un confronto istituzionale formale: sarà la Provincia a decidere se raccogliere l’appello e valutare una destinazione dei proventi che tenga conto tanto dei diritti dei cittadini quanto delle esigenze della rete di tutela degli animali.
Il dibattito ora è sul binomio equità amministrativa e uso pubblico delle risorse: la scelta su come impiegare il milione raccolto potrebbe tracciare un precedente per future misure analoghe.
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