Bolzano
Sfruttavano 14 pakistani : arrestati tre cinesi per caporalato ed estorsione in un Sushiko di Bolzano
Tre cinesi che gestiscono uno dei ristoranti della nota catena Sushiko a Bolzano sono stati arrestati questa mattina (19 febbraio) dalla Guardia di Finanza con l’accusa di caporalato ed estorsione per lo sfruttamento di 14 lavoratori pakistani che lavorano all’interno del locale.
Si tratta di due uomini di 30 e 39 anni e di una donna di 29, rispettivamente amministratore unico e soci della società che sfruttavano il lavoro dei pakistani regolarmente residenti in Italia.
Le indagini, partite anche da alcune segnalazioni ai sindacati, hanno avuto inizio qualche mese fa: aiuto cuoco, camerieri e lavapiatti lavoravano un numero eccessivo di ore, vivevano in alloggi degradati e venivano “arruolati” mediante il sistema del passaparola o attraverso contatti diretti.
Il profilo lavorativo prescelto dagli sfruttatori era quello di soggetti regolarmente residenti in Italia e in stato di bisogno, sia economico che pratico.
I malcapitati sottoscrivevano contratti a tempo determinato o indeterminato, anche part time, per 40 ore settimanali (sette ore al giorno per cinque giorni e una giornata da cinque ore), che includevano la fruizione di vitto e alloggio. Gli stessi contratti riportavano spesso mansioni inferiori rispetto a quelle realmente svolte.
I dipendenti erano in realtà costretti a lavorare 11-12 ore al giorno, non fruivano di ferie (anche se i congedi risultavano comunque inseriti nelle buste paga) e potevano effettuare una sola pausa pranzo, che, in alcuni casi (in particolare il sabato e la domenica), veniva addirittura negata in relazione al maggiore afflusso di clienti presso il ristorante.
In caso di assenza per malattia, i dipendenti subivano una significativa trattenuta dallo stipendio, calcolata in base al periodo d’assenza. Nel caso d’infortuni certificati, i lavoratori venivano costretti a lavorare pur in presenza di evidenti ferite da taglio o di gonfiori agli arti.
A loro venivano inoltre sottratti in busta paga 150 euro al mese per il vitto, costituito da una modica quantità di pollo e verdura o riso. Se un dipendente veniva sorpreso a mangiare altro, rischiava una sorta di “sanzione” di 50 euro.
I lavoratori erano anche costretti ad alloggiare in un appartamento a Bolzano nel quale era vietato l’uso della cucina (chiusa a chiave e utilizzata come stanza privata da uno degli arrestati) mentre i bagni erano malfunzionanti e in condizioni igienico sanitarie precarie.
Per la sistemazione subivano una trattenuta in busta paga di ulteriori 200 euro al mese e, in alcuni casi, la decurtazione veniva effettuata nonostante i dipendenti dimorassero presso il Centro d’accoglienza di via Gobetti a Bolzano.
All’atto dell’assunzione, alcuni di loro erano costretti a sottoscrivere fogli firmati in bianco, successivamente utilizzati per far risultare falsamente le loro dimissioni.
Per comprendere appieno quali fossero le condizioni di sfruttamento a cui erano costretti i lavoratori, basti pensare al caso di di uno dei dipendenti, un giovane di 24 anni al quale era stato vietato, da una delle persone arrestate, di recarsi all’ospedale dopo essersi tagliato un dito con un coltello da cucina. Il 24enne, nonostante l’infortunio, era stato costretto a proseguire il lavoro con la mano ferita.
Nonostante l’arresto dei datori di lavoro, nessuno dei dipendenti sfruttati perderà però il posto.
Il giudice per le indagini preliminari, avvalendosi di una normativa in vigore da poco più di due anni, ha nominato un amministratore giudiziario per il ristorante che quindi non verrà sequestrato e chiuso.
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