Bolzano Provincia
Addio alla protezione rigorosa del lupo: divampa il dibattito tra ecologi e istituzioni
La recente decisione approvata dall’Unione Europea di ridurre lo status di protezione del lupo (Canis lupus) da “rigorosamente protetto” a “protetto” ha dato vita in questi giorni ad un acceso dibattito tra il mondo scientifico e quello delle istituzioni.
Il provvedimento, votato a inizio agosto dal Parlamento europeo a Strasburgo, apre alla possibilità ad abbattimenti più facili.
Questo passaggio se da una parte è stato accolto con favore da parte di alcuni ambienti agricoli e conservatori, dall’altra è di fatto fonte di forte preoccupazione per scienziati ed ecologisti.
Al riguardo gli autorevoli Francesco Romito, dell’associazione “Io non ho paura del lupo” e Christian Pichler, esperto del WWF Austria, si sono espressi criticamente in recenti interviste rilasciate al Museo di Scienze Naturali dell’Alto Adige.
Romito non usa mezzi termini nel dire che: “Questa decisione nasce da motivazioni politiche, non scientifiche.”
Secondo l’esperto italiano, il declassamento rischia di diventare un alibi per giustificare interventi sbrigativi, spesso inefficaci. Se è vero che anche prima si potevano rimuovere individui “problematici”, adesso il rischio è che aumentino gli abbattimenti indiscriminati.
Ma eliminare i lupi non risolverà i problemi dell’allevamento, avverte. “Anzi, può destabilizzare i branchi e peggiorare la situazione, incoraggiando anche il bracconaggio.” La convivenza, ribadisce, si costruisce con strategie scientifiche, educazione delle comunità e misure preventive concrete, come recinzioni e cani da guardiania.
Un altro punto critico per l’Alto Adige sta nel fatto che la presenza del lupo è ancora fragile e una semplice conta numerica non riflette la realtà ecologica. “Conta la distribuzione, la stabilità dei branchi e l’equilibrio ambientale” la precisazione, sottolineando anche un aspetto economico spesso trascurato perché, con il nuovo status, potrebbero saltare i rimborsi europei per i danni da predazione.
A confermare i timori è anche l’esperienza austriaca raccontata da Christian Pichler. Già prima del cambiamento normativo, nella vicinissima Austria sarebbero stati autorizzati abbattimenti ritenuti in contrasto con la legislazione europea.
Tra il 2021 e il 2024 sono ben 36 i lupi uccisi, a fronte di soli 9 branchi presenti entro i confini della nazione. Ponendo un confronto, in Germania con 209 branchi i lupi abbattuti in 25 anni sono stati 20.
“Le autorità austriache ricorrono spesso a decreti per evitare i ricorsi legali delle associazioni ambientaliste, eludendo il controllo giudiziario” denuncia Pichler, definendo la pratica una violazione della Convenzione di Aarhus, che tutela il diritto alla partecipazione pubblica nei procedimenti ambientali.
Entrambi gli esperti sono dunque concordi nell’evidenziare come il lupo sia sempre più al centro di un conflitto politico e culturale.
“Non è lui il problema dell’agricoltura” afferma Pichler, facendo riferimento a come sondaggi e petizioni siano dimostrativi che l’opinione pubblica europea non considera il lupo una reale minaccia.
Campagne mediatiche e spinte populiste avrebbero però trasformato l’animale in un bersaglio simbolico, utile a guadagnare consensi in ambito rurale.
Eppure, ricordano i due intervistati, il lupo è una specie autoctona, fondamentale al mantenimento dell’equilibrio degli ecosistemi. La sua presenza contribuisce a regolare le popolazioni di ungulati, riducendo anche danni alle foreste e alla biodiversità.
In altre parole, il dibattito sul futuro del lupo in Europa è tutt’altro che capitolo in chiusura. Con l’abbassamento del suo status di protezione, sembrerebbe aprirsi una nuova fase fatta di sfide, tensioni e decisioni complesse.
Ma per la comunità scientifica e gli ambientalisti, una cosa sembra piuttosto certa: la via per la convivenza passa dalla conoscenza, non dai fucili.
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