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Stefano Salamone e i ragazzi della curva: ecco chi è il “settimo uomo” sul ghiaccio del Palaonda

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Stefano Salamone e i ragazzi della curva: ecco chi è il "settimo uomo" sul ghiaccio del Palaonda
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In un famoso commento di una TV sudamericana al minuto 121 della semifinale dei mondiali 2006 tra Germania e Italia il cronista urlò: “lo ha meritato l’Italia, lo ha meritato! C’è una linea sottile che separa l’arte dallo sport, oggi l’Italia ha superato quella linea”. L’hockey su ghiaccio forse non è arte come lo sono calcio e basket ma in cambio regala più emozioni e molta più velocità che ne fanno uno sport unico e ineguagliabile. A Bolzano molti sportivi hanno perciò preferito in via esclusiva le fortissime emozioni dell’hockey mentre altri hanno contemporaneamente amato anche il calcio seguendo tutte e due le squadre.

Oggi la Bolzano calcio è in crisi profonda con la squadra purtroppo retrocessa dalla serie D dopo l’ennesima stagione sfortunata. Per questo, in attesa di tempi migliori, se parliamo di tifo, della città e del suo pubblico, possiamo solo pensare alla curva “Figli di Bolzano” del Palaonda e per questo intervistiamo Stefano Salamone che ne è il riferimento indiscusso. Nel farlo diamo risalto solo ai lati positivi del tifo tralasciando quelli negativi che sono eccessi di ogni tipo, violenza, campanilismi anacronistici che vogliamo credere siano una pagina superata per sempre.

Stefano, negli stadi in Inghilterra, come in nord America, pare di essere a teatro per la compostezza del pubblico mentre in Germania si è affermato un nuovo modello di tifo con prezzi bassi dei biglietti, impianti sempre pieni, zero violenza e le curve che offrono un incredibile spettacolo di coreografia prima e durante l’incontro.



Come è la situazione da noi? 

Sono modelli diversi, anche se in Inghilterra alla fine il pubblico è rimasto anche in piedi e il loro stile è sempre quello del tifo vocale potentissimo mentre in Italia è più folkloristico perché aggiunge anche striscioni e coreografie. Va detto che gli ultras italiani dagli anni 70 in poi sono stati il primo modello per l’introduzione delle coreografie che sono poi state copiate in tutto il mondo e ovviamente anche il Bolzano e la sua curva hanno seguito questo il filone avvicinandosi all’organizzazione dei tifosi di calcio.

Da noi il raggruppamento più importante fu quello dei Fedayn nei primi anni 80 e poi ci furono due anni di transizione dove nacquero dei gruppi di giovani che avevano l’intenzione di gemellarsi coi Devils Milano di Berlusconi cosa che noi abbiamo impedito visto che io e altri invece ritenevamo il Milano Saima più vicino ai nostri principi e alla nostra realtà. In quegli anni, quando si andava a Milano in Curva Nord dell’Inter, i ragazzi che ci conoscevano come Bolzano ci facevano il coro ironico “avete solo le mele” e noi come risposta dicevamo che siamo noi le Mele Marce.

Proprio quando ci fu l’irruzione in curva per impedire il gemellaggio con i Devils si decise di tornare al Palaghiaccio con il nome Mele Marce Bolzano mentre nel frattempo gli “Irriducibili” del Bolzano calcio vennero assorbiti e il nostro gruppo divenne “Mele Marce Irriducibili Bolzano” nel 1991. Va detto che noi delle Mele Marce avevamo anche un bellissimo rapporto con l’Armata Piranesi di Milano che andava di là della partita di hockey e succedeva anche che quelli dell’Armata venivano a Bolzano a tifare con noi contro i Devils. Oggi invece l’amicizia è con i tifosi di Siracusa, di Vienna hockey e di Cremona.

Attualmente la curva si chiama Figli di Bolzano, come mai?

Sono stati purtroppo due tragici eventi che ci hanno segnato tutti profondamente e che non possiamo dimenticare. Nel 2013, proprio quando si parlava dell’abbandono del campionato italiano per partecipare alla Ebel, è venuto a mancare Nene e poi in quella stessa estate Michi che erano due grandi amici che venivano in curva e nel loro ricordo e in loro memoria è nato il nuovo gruppo che era la curva Nene Michi che poi è diventata Figli di Bolzano che era anche la canzone delle Mele Marce. Oggi ci sono i Figli di Bolzano che sono l’unione di tutti i gruppi più recenti.

Soprattutto nelle partite importanti le coreografie del Bolzano hanno un impatto visivo notevole non solo per il mondo dell’hockey e godono di considerazione tra gli appassionati. 

Questo ci rende orgogliosi ma per fare le coreografie del Bolzano ci vogliono molti giorni di lavoro dei nostri supporters volontari, usiamo materiali che vendono certe ditte specializzate che sono per es. bandiere e sciarpe ma lavoriamo anche artigianalmente come per esempio per fare i copri curva cucendo e disegnando a mano. Questo richiede spese tutte a nostro carico e tempo ma i risultati ci ripagano, tutto il Palaonda ne trae beneficio e il pubblico apprezza. 

Parlando del mondo ultrà il famoso sociologo Sebastien Louis, ex membro del Commando Ultrà 84 Marsiglia, sostiene che gli ultras offrono energia in cambio di emozioni in una società dove tutto ha solo un valore economico. Ha senso quello che lui sostiene e cioè che la cultura degli ultras è un piccolo antidoto al liberismo dominante ed è in opposizione ai valori competitivi e materialisti della nostra società?

La curva è una porzione della società dove trovi di tutto: il disoccupato, l’operaio, l’avvocato, l’imprenditore, l’infermiera e il dottore, così come l’impiegato di banca o l’agricoltore e perfino la persona che ha avuto precedenti con la giustizia. Il grande valore è solo il tifo per il Bolzano che ci unisce e rende uguali. Questo porta fratellanza e amicizia a prescindere dallo status perché almeno in quel momento siamo tutti dalla stessa parte a e non contano le differenze sociali che pure ci sono.

Del resto abbiamo lo stesso ideale che è sostenere la nostra squadra, le divisioni politiche almeno da noi sono superate, non c’è alcun tipo di barriera compreso il fatto che non ci sono barriere etniche o linguistiche perchè dobbiamo essere tutti uniti e tifare Bolzano che è la squadra di tutti. In definitiva mi sento di dire che in quei momenti l’unico colore è quello del bianco e del rosso della squadra  

Una delle canzoni della curva più apprezzate è “Noi siam cuore di questa città”, che cosa significa e da dove deriva? 

Noi abbiamo adattato la celebre canzone irlandese “Field of Athenry” che è un inno dei patrioti di quel paese e che è stata resa famosa dai Dropkick Murphys. Questa canzone viene cantata dai tifosi irlandesi di calcio e di rugby, e poi modificata anche in Scozia e perfino dai tifosi del Liverpool e ogni volta che la si ascolta viene la pelle d’oca perché da sensazioni incredibili. Il nostro testo, che non è uguale nelle parole a quello irlandese ma simile nei concetti, dice tutto come l’amore per la propria terra e il valore della propria identità senza ovviamente disprezzare quelle degli altri. 

Se parliamo di identità e di valori un campione di hockey canadese o straniero di solito si ferma qualche anno e poi se ne va. Cosa si prova invece a vedere anno dopo anno i nostri giocatori italiani che danno tutto sul ghiaccio?

Si prova grande rispetto per tutti, ma gli stranieri sono professionisti che cercano un ingaggio migliore e alla prima offerta superiore di solito se ne vanno. Noi cerchiamo di tifare sempre per la squadra e per la maglia ma è rimasto un grande attaccamento per i giocatori italiani, che anzi in passato era ancora di più grande perché molti erano nati e vivevano in città. Non è un segreto che il sogno e il rimpianto di molti sportivi, non solo da noi, sia quello di avere squadre con più giocatori locali o comunque che provengono dalle giovanili un po’ come succedeva una volta. 

Stefano, con profondo dolore devo citare la mia squadra di calcio che è il Torino come in assoluto il più atroce esempio di quello che non dovrebbe mai succedere nello sport. L’agonia di una tifoseria unica annientata e umiliata negli ultimi decenni (mi assumo personalmente la responsabilità di ciò che scrivo) sono un monito per tutti perchè chi detiene la presidenza di qualsiasi squadra ha obblighi e responsabilità che non può disattendere verso la città e verso tutto un popolo.  In questo senso quali sono i meriti del Presidente Knoll e quale è il suo rapporto con i tifosi?  

Con il Presidente Knoll ci sono state a volte delle differenze di opinioni che è legittimo ma alla fine abbiamo una cosa in comune che è il Bolzano. Comunque lui è soprattutto il primo tifoso della squadra che ci ha messo soldi, cuore, tempo, competenza e anche tra le difficoltà ha sempre fatto delle squadre competitive onorando il buon nome del Bolzano e dando lustro alla squadra e alla città. Se nonostante la crisi dell’hockey italiano la squadra è ancora oggi un vanto e un patrimonio che arricchisce Bolzano il merito è anche del Presidente Knoll, e poi i tanti titoli vinti parlano da soli. E comunque Bolzano senza hockey non sarebbe la stessa città.

Quanto ci mancano le sfide con Varese e Milano?

In un certo senso mancano perché le sfide sul ghiaccio e sugli spalti erano indimenticabili e la rivalità con loro era molto forte sia fisica che vocale. Speriamo che un giorno possano tornare nel grande hockey, magari nella IHL con noi. 

L’ultima domanda è scomoda e merita una risposta netta, o bianco o nero. Manca poco all’inizio della stagione 2021/22, anche in vista di un prossimo derby col Val Pusteria, riusciremo a non rispondere a eventuali provocazioni e a non insultare nessuno tifando solo per il Bolzano? No assolutamente (sorridendo bonariamente) e devo anticipare che gli abbiamo appena dedicato a sorpresa una nuova canzone simpatica e ironica tutta per loro e come si dice nel nostro dialetto “non aspettemo altro e gavemo voglia de cantarghela”.

L’intervista sportiva per La Voce di Bolzano è di Dario Saracino. Foto copyright HCB Vanna Antonello.

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