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Alto Adige

Legati su ghiacciaio: attrezzatura e consigli pratici dalle Guide Alpine Italiane per gli scialpinisti

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Le condizioni dell’alta quota e dei ghiacciai, terreni abitualmente scelti dagli scialpinisti per le escursioni primaverili, sono da valutare con attenzione dopo un inverno molto mite e avaro di precipitazioni, e sono da affrontare con la giusta attrezzatura. Daniele Fiorelli, Istruttore delle Guide alpine italiane, spiega in questa intervista quali corde preferire e quali atteggiamenti tenere per evitare imprudenze.

Scialpinismo su ghiacciaio: per prima cosa, è bene procedere sempre legati?

«La stragrande maggioranza delle volte che ci muoviamo su ghiacciaio non procediamo legati. Ci leghiamo quando abbiamo necessità di tenere il gruppo unito, oppure in condizioni di scarsa visibilità o quando ci troviamo su terreno pericoloso, situazione, quest’ultima, che in questa stagione con poca neve si verifica più spesso che negli anni passati».

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Qual è l’attrezzatura necessaria?

«La prima cosa importante da ricordare a chi fa scialpinismo è che quando ci troviamo su ghiacciaio è necessario indossare fin da subito l’imbragatura e avere la longe collegata alla parte alta, o dell’indumento, o meglio ancora dello zaino. Oltre a questi, alla corda e al casco, è indispensabile avere a portata di mano la dotazione classica per l’autosoccorso su ghiacciaio, ovvero: un freno, che potrebbe essere la classica piastrina o il secchiello, la carrucola bloccante e qualche cordino. Non serve il corpo morto, perché lo si può costruire con gli sci all’occorrenza, cioè nel caso in cui qualcuno cada in un crepaccio. Diamo per scontato che chi si muove su neve abbia con sé e sappia utilizzare anche il kit artva, sonda, pala».

Parliamo di corde: quali è meglio usare?

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«Sicuramente da consigliare è l’utilizzo di una corda singola, anche di diametri abbastanza sottili, fino all’8.5 mm, e di lunghezza almeno 50 metri. Se le condizioni del ghiacciaio sono particolarmente favorevoli, possiamo pensare di usare anche una mezza corda, sempre della lunghezza di 50 metri, però con diametri di almeno 8.1 o 8.2 mm. Con una corda più sottile, infatti, diventano difficili tutte le manovre di un eventuale recupero, senza contare che la situazione può farsi anche più critica, nel caso in cui la corda incontri il ghiaccio sul bordo del crepaccio».

Che pericoli corriamo in una stagione secca come questa?

«Il pericolo principale sono i crepacci. Le condizioni che ci sono oggi non sono quelle di qualche anno fa: non c’è neve, non c’è la consueta copertura sui ghiacciai. Questo per un verso significa che i crepacci sono molto più visibili anche a distanza, ma per l’altro al tempo stesso diventa molto più critico passarci sopra. Se la cordata si muove su una zona molto crepacciata, magari anche in condizioni critiche di visibilità, con bufera o vento, la scelta della corretta distanza di legatura fra i componenti è molto importante, questo nell’ipotesi di strappi dovuti alla caduta di un componente del gruppo in un crepaccio. La caduta, infatti, provoca un carico improvviso sulla corda».

Quali precauzioni adottare?

«Sicuramente da consigliare una progressione anche a distanze importanti, anche se questa comporta una gestione più complessa. Fondamentale è proteggere sempre i componenti col nodo a palla alla classica distanza dei 3 metri e, quando ci si rende conto che la situazione è critica, proseguire sempre con la corda in tensione. Poi, in funzione alle capacità dei vari componenti, decidere se tenere tutta la riserva di corda (l’avanzo di corda che usualmente è stoccata nello zaino o gestita a tracolla) sul componente che ha più esperienza o se dividere la riserva di corda sui due componenti legati ai due capi della corda stessa. Di sicuro la cordata composta da due persone è quella più critica da gestire: più il gruppo è grande, più riusciamo a sopperire all’eventuale caduta di uno dei componenti. Quello che bisogna evitare è di cadere nel crepaccio in due, cosa che può succedere se non ci si rende conto di dove si è, magari per la nebbia, e quindi anziché prendere i crepacci perpendicolarmente li si approccia lateralmente o addirittura si cammina proprio sopra in senso longitudinale».

Una raccomandazione in più, viste le condizioni attuali?

«Se le condizioni del ghiacciaio sono critiche (scarsa o ridotta copertura nevosa), muoversi con scarsa visibilità è molto pericoloso: o hai una grande esperienza e conosci molto bene il territorio, perché ci sei stato molto recentemente, oppure è sconsigliato affidarsi ciecamente alle tracce gps. Questo perché le tracce gps fatte tempo prima non sono più attendibili e quindi possono diventare una trappola. In condizioni di scarsa visibilità o meteo avverso, un incidente in crepaccio, anche senza conseguenze di ferite serie, può comportare gravi complicazioni. Pensiamo, per esempio, se nella caduta si perdono gli sci: tornare al sicuro al rifugio diventa lunghissimo, possono subentrare stanchezza, disorientamento, freddo, in breve ci si può trovare in una situazione di massima emergenza. In quelle condizioni, inoltre, l’elisoccorso non è detto che possa intervenire nell’immediato. Dobbiamo considerare poi che lo scialpinismo primaverile, come quello di una classica come la Chamonix- Zermatt, implica stare sempre intorno ai 3000 metri di quota. A meno che non si sia stati sullo stesso ghiacciaio il giorno prima, in condizioni di scarsa visibilità è meglio evitare di muoversi».

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