Italia & Estero
Il piano in 28 punti che scuote l’Europa: il compromesso USA che l’Ucraina respinge
Un piano di pace statunitense in 28 punti, emerso il 20 novembre 2025, propone condizioni capaci di rimescolare gli equilibri creati dalla guerra tra Russia e Ucraina. La bozza, attribuita dall’amministrazione Trump, contiene elementi che rappresentano una significativa cessione territoriale da parte di Kiev e ha immediatamente suscitato reazioni contrapposte sul terreno diplomatico.
Tra i punti più controversi c’è il riconoscimento della Crimea e delle regioni del Donbass (Luhansk e Donetsk) come territorio russo, una soluzione che, se attuata, sancirebbe la perdita di parti rilevanti del territorio ucraino dopo anni di conflitto. In parallelo, il piano suggerisce che queste aree del Donbass vengano designate come zona smilitarizzata: benché formalmente sotto controllo russo, tali zone sarebbero soggette a limiti operativi che impedirebbero il dispiegamento di truppe russe.
La proposta contiene inoltre disposizioni che incidono sulla dimensione culturale e identitaria: secondo media statunitensi, il documento prevede il riconoscimento del russo come lingua ufficiale accanto all’ucraino. Altro elemento centrale del pacchetto sono le garanzie di sicurezza offerte dagli Stati Uniti, concepite per compensare le cessioni territoriali e offrire a Kiev protezioni contro future aggressioni.
Kiev ha reagito con forte criticità, sostenendo che il piano sia stato preparato con logiche favorevoli al Cremlino e assimilabile a una capitolazione di fatto. La leadership ucraina ha dunque preso tempo: il presidente Volodymyr Zelensky ha dichiarato che discuterà la proposta con Donald Trump nei prossimi giorni, senza però accettare condizioni che non siano ritenute accettabili dall’opinione pubblica ucraina e dai vertici del Paese.
La vicenda ha avuto ripercussioni immediate sulla diplomazia: era previsto un incontro ad Ankara tra Zelensky e l’inviato americano, ma la riunione è stata annullata dopo che il presidente ucraino ha fatto marcia indietro rispetto ad alcuni accordi precedentemente ipotizzati. Questo stop segnala la delicatezza del negoziato e la necessità per Kiev di evitare passi che possano essere percepiti come una resa.
Dal canto dell’amministrazione USA, la portavoce Karoline Leavitt ha spiegato che l’ex presidente Trump sta lavorando a un piano dettagliato e inteso ad essere accettabile da entrambe le parti. Resta però il nodo politico: a prescindere dalle assicurazioni, la sostanza delle proposte — riconoscimento territoriale, status linguistico e compensazioni in termini di garanzie di sicurezza — mette in contraddizione gli obiettivi dichiarati di integrità territoriale e sovranità ucraina con la ricerca di una soluzione che ponga fine al conflitto.
Il documento torna a porre in primo piano una serie di questioni difficili: chi garantisce il rispetto delle clausole di demilitarizzazione, come verrebbero implementate le garanzie statunitensi in caso di violazioni, e quale sarebbe il ruolo degli attori europei in una nuova architettura di sicurezza per l’Europa orientale. La risposta a queste domande determinerà se il piano resterà un tentativo negoziale destinato a fallire o la base di un accordo che ridefinisca i confini e gli equilibri regionali.
In un clima di tensione e sospetto reciproco, la proposta statunitense del 20 novembre 2025 ha il merito di riaprire il dibattito sulla cessazione delle ostilità, ma il prezzo politico e territoriale richiesto rende incerta la sua possibilità di tradursi in un accordo praticabile. La comunità internazionale seguirà con attenzione l’esito dei colloqui tra Zelensky e Trump e la reazione di Mosca: da questi sviluppi dipenderà buona parte del futuro prossimo dell’Ucraina e della stabilità europea.
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