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Alto Adige

Incassano indebitamente 83mila euro di contributi per emergenza Covid: denunciati due imprenditori stranieri a Bolzano

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La Guardia di Finanza di Bolzano ha denunciato due cittadini di origine bengalese e marocchina, entrambi residenti nel capoluogo, l’uno titolare di un minimarket, l’altro artigiano edile, i quali hanno indebitamente percepito contributi a fondo perduto per 83mila euro, erogati dallo Stato per sostenere le imprese in difficoltà a causa dell’emergenza “COVID-19”.

L’intervento delle Fiamme Gialle è scattato a seguito della segnalazione di un commercialista, a cui uno dei due imprenditori si era rivolto per avviare l’iter di richiesta del contributo. Il professionista, esaminata la posizione reddituale del proprio cliente, gli ha fatto che non sussistevano i requisiti per accedere al sussidio.

Tuttavia, successivamente si è reso conto che l’imprenditore aveva autonomamente presentato l’istanza attraverso il portale dell’Agenzia delle Entrate e ottenuto il contributo. A questo punto, il commercialista ha provveduto a segnalare il contesto alla Guardia di Finanza.

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Il sostegno finanziario a fondo perduto, introdotto dal c.d. “Decreto rilancio” (decreto legge n. 34 del 19 maggio 2020) e pensato per aiutare i tanti imprenditori che hanno dovuto affrontare l’emergenza sanitaria, viene erogato nella misura del 20%, calcolata sulla differenza tra gli incassi del mese di aprile 2019 e quelli dell’aprile 2020, a condizione che questi ultimi abbiano subito un decremento pari ad almeno il 33% per effetto della crisi pandemica.

L’allarme COVID ha colpito, seppur in misura differente, la gran parte delle attività commerciali e professionali, tra le quali, tuttavia, non rientrano gli esercizi di generi alimentari come il minimarket gestito dal soggetto bengalese. Lo stesso, nel periodo di emergenza sanitaria e, in particolare, nel mese di aprile 2020, ha avuto un notevole incremento degli affari, decuplicando il fatturato rispetto all’aprile dell’anno precedente.

Tuttavia, nel presentare l’istanza telematica per l’ottenimento del contributo, ha dichiarato falsamente di non aver effettuato alcun incasso, quando in realtà risultavano registrati in contabilità corrispettivi per circa 15mila euro. A ciò si aggiunga che, nel mese di aprile 2019, il minimarket aveva realizzato un fatturato di appena 1.450 euro ma, nella richiesta di contributo, è stata indicata la cifra (fasulla!) di 350mila euro.

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Ciò ha permesso al piccolo imprenditore di ottenere indebitamente, in pochi giorni, sul proprio conto corrente bancario, l’importo di 70mila euro.

Per evitare che le somme illecitamente riscosse venissero disperse, la Guardia di Finanza, appena ha ricevuto la segnalazione da parte del commercialista, ha avviato immediatamente un controllo e sottoposto a sequestro le somme ancora giacenti sui conti correnti del gestore del minimarket, il quale, a distanza di soli tre giorni dall’accredito del contributo, aveva già prelevato o bonificato circa 45mila euro, 30mila dei quali trasferiti a favore di due persone di origini bengalesi e marocchine, ritenute presumibilmente coinvolte nell’azione truffaldina.

Con la stessa tempestività, i Finanzieri hanno quindi individuato e sequestrato circa 20mila euro che risultavano ancora giacenti sui conti bancari dei due presunti conniventi.

Approfondendo la posizione di uno di questi ultimi – il soggetto marocchino, che svolge l’attività di artigiano muratore – è risultato che anche lui aveva inoltrato all’Agenzia delle Entrate un’istanza per l’ottenimento del medesimo contributo, ottenendo una somma pari a 13mila euro. Nonostante si trattasse di un c.d. “evasore totale” per gli anni d’imposta 2017 e 2018 (vale a dire un soggetto che non ha adempiuto ad alcun obbligo di carattere fiscale), l’artigiano ha dichiarato di aver realizzato, nel mese di aprile 2019, ben 65mila euro di corrispettivi e zero euro nel mese di aprile 2020.

I due imprenditori sono stati denunciati per il reato “Indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato” (art. 316-ter del codice penale), che prevede la reclusione da sei mesi a tre anni.

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