“Io, ex prete, scelgo la libertà”: Paolo Zambaldi rompe con la Chiesa e denuncia il sistema

Una frattura insanabile con la Chiesa cattolica, un addio meditato, lucido e definitivo. Paolo Zambaldi, 40 anni, ha deciso di abbandonare il sacerdozio, lasciandosi alle spalle non solo l’abito talare ma anche un’intera visione del mondo che definisce ormai incompatibile con i suoi valori. La notizia, già formalizzata dalla diocesi di Bolzano-Bressanone, è diventata effettiva dal 1° settembre 2025. Ma solo ora Zambaldi ha scelto di parlare pubblicamente, spiegando le ragioni profonde di una scelta che scuote le fondamenta di un’istituzione da lui definita “dogmatica, autoritaria e chiusa al cambiamento”.

“Non è stata una scintilla improvvisa”, precisa l’ex sacerdote, “sono sempre stato critico nei confronti di un certo tipo di Chiesa. Speravo che, davanti alla crisi profonda che la attraversa, si aprisse a un cambiamento reale e necessario. Ma non è successo e ho capito che non succederà mai”. A pesare, secondo Zambaldi, è la struttura stessa dell’istituzione ecclesiastica, fondata su un impianto dogmatico e gerarchico che soffoca il pensiero libero e la ricerca spirituale autentica.

Dalla sua riflessione emerge una visione della spiritualità radicalmente diversa rispetto a quella cattolica: una spiritualità interiore, universale, non legata a riti né a dottrine. “Per me la spiritualità è apertura al Mistero, ricerca di senso, ricomposizione dell’Uno. Non c’è dicotomia tra spirito e carne, tra mondo e Dio: tutto è dentro di noi”.

Pesantissima la sua denuncia nei confronti della Chiesa e del suo impianto ideologico: “Non posso più far parte di un’istituzione che continua a proclamare dogmi e a perpetuare un sistema di potere. La verità non ha bisogno di essere imposta, non ha bisogno di svalutare la ragione”. Non meno netto il suo dissenso rispetto alle posizioni della Chiesa su temi centrali della società contemporanea: “Non condivido le sue posizioni discriminatorie verso le donne, la comunità LGBTQIA+, chi sceglie l’aborto o l’eutanasia. Tutto questo è lontano anni luce dal mio sentire umano e spirituale”.

Il suo sguardo critico si estende anche al ruolo storico delle religioni: “Le religioni storiche sono state causa di dolore, violenza e conflitti. Continuano ad esserlo”. E pur riconoscendo la forza dell’insegnamento umano di Gesù, ne rifiuta la divinizzazione: “Gesù è un maestro di vita e di pace. Ma non accetto le conseguenze della sua trasformazione in figura divina”.

Durissimo anche il bilancio del suo rapporto con la Chiesa locale: “La parola ‘dialogo’ nella Chiesa è abusata. Ho scritto, parlato, provocato con articoli e libri. L’unica risposta è stata ignorare o punire. Non c’è spazio per chi pone domande con libertà di pensiero”. Un’amarezza che traspare anche nel giudizio sull’ambiente clericale: “I preti non sono mai stati una comunità. Vivono isolati. E chi pensa con la propria testa, chi ha una cultura laica, non è gradito. La Chiesa si riduce sempre più a un ‘covo di pochi fondamentalisti’”.

Parole che suonano come una sentenza contro un’istituzione sempre più incapace di confrontarsi con il mondo reale, chiusa in una visione arcaica e autoreferenziale. E che, nel rifiuto di ogni evoluzione, finisce per diventare non solo irrilevante, ma anche dannosa: un ostacolo alla crescita culturale, spirituale e civile delle persone.

Il futuro? Aperto, ma senza religioni. “Non ho progetti precisi. So solo che mi basta con religioni e chiese. Sono libero, senza bisogno di una fede come stampella”. E se tra i sacerdoti locali ha trovato più indifferenza che sostegno, non sono mancati i segnali di solidarietà da parte di colleghi italiani, austriaci e tedeschi e da parte di laici impegnati nel mondo universitario.

“Rimane l’essenziale: chiedersi come vivere insieme nel modo migliore, come essere veramente liberi, come cercare la verità e il senso della propria vita”, conclude Zambaldi. “Il Vangelo, letto come esperienza umana e non come verità assoluta, è solo una delle tante vie possibili. Io, ora, scelgo la libertà”.