Alto Adige
Lupo si, lupo no, dopo l’incontro ad alta quota
Ancora lui, il lupo. Che fa notizia quasi quotidianamente e solo in Alto Adige, da quando la sua messa al bando è diventata ormai una tigna degli allevatori e della politica “che conta”.
La notizia è presto data e detta e già pubblicata sulle nostre pagine ieri: due giovani donne, l’altro ieri, durante un’escursione in alta val Venosta, si sono imbattute in un branco di lupi. Località esatta, Giogo di Tarces, altitudine 2620 metri sul livello del mare. Neve già presente.
Le giovani, hanno avuto così tanta paura, da chiamar soccorso. Col telefonino. Fine della notizia, se questa, abilmente alimentata, non nascondesse interpretazioni e suggestioni, paure ancestrali a cui fanno riscontro puntuale appelli e contestazioni sulla salvaguardia di questo “grande predatore”.
La politica, naturalmente, cavalca quelle ancestrali paure. Anche attraverso la stampa “dedicata” che mette in primo piano i grossi rischi nell’incontrare questo animale e “costringe” l’assessore Schuler a macinare migliaia di chilometri alla ricerca di alleati in quella che pare divenuta la sua battaglia più impegnativa.
“Dalle Alpi alle piramidi, dal Manzanarre al Reno” si potrebbe parafrasare. Già perché la questione è stata discussa a Vienna, a Innsbruck, ad Aosta dove Schuler l’ha infilata nel suo intervento e naturalmente a Bolzano.
In ogni occasione: dalla consegna dei diplomi ai nuovi cacciatori, alla presentazione del piano turistico, alle conferenze “dedicate”. Fino ad andare a tirar per la giacca i ministri Cingolani e Patuanelli, nella scorsa legislatura, prima di avventarsi sul ministro Lollobrigida pochi giorni fa. Il tema sempre lo stesso. Permettiamo di abbattere il lupo! Un mastino nella sua battaglia! Schuler naturalmente.
Pian piano, anche con l’ausilio di certa stampa, si cerca di erodere le certezze anche di chi la natura, la sua salvaguardia, la biodiversità e il ritorno spontaneo (val la pena di ricordarlo!) di questo animale ha sempre sostenuto.
Ma val la pena di ragionare sui fatti, e non sulle illazioni: contrariamente a ciò che è accaduto (sporadicamente) in incontri con altri grandi predatori, il lupo non ha mai attaccato essere umano. E questo è il primo punto.
Per il secondo, e cioè le pecore sbranate, in alcuni episodi, forse varrebbe la pena ricordare come solo una decina d’anni fa, i giornali locali che raccontavano di questi episodi (già perché ce ne sono sempre stati), parlavano di non meglio identificati “streunende Hunde”, cani randagi, spesso lasciati liberi da proprietari di cascine e di masi isolati, cani che si ricordavano dei loro antenati e facevano ciò che il lupo fa ogni tanto oggi, quest’ultimo per cibarsi e sopravvivere.
Il terzo punto è che le altre regioni dove il lupo è presente, Friuli, Veneto sui Monti Lessini, Abruzzo (da sempre) Valle d’Aosta, Lombardia, Calabria e Basilicata (tanto per citare naturalmente) ma anche il vicino Trentino, hanno trovato sistemi e metodiche che garantiscono una pacifica convivenza con il predatore.
Escludendo naturalmente i cacciatori, che di recente e senza conseguenze degne della cronaca hanno per puro caso, come a Laives, abbattuto uno sciacallo dorato. Ah no! Scusate l’errore. Chi ha sparato era un guardacaccia!
Ma torniamo alla cronaca: l’incontro ravvicinato del “quarto tipo” delle due giovani in alta quota, ha visto il branco (sette o otto lupi) limitarsi ad osservare le due escursioniste e scappare a gambe levate al rumore delle pale dell’elicottero giunto in loro soccorso.
Ipotesi: i lupi venivano (forse) dalla Svizzera. Tanto per ricordare, se fosse vero, che abbattere animali di un paese estero e neutrale per definizione, sarebbe delitto contro la proprietà altrui, sempre che il lupo possa essere definito “di proprietà “ di questo o quello stato.
Morale della favola: come l’assessore Schuler, anche il lupo non conosce confini. L’uno per perorare la sua definitiva scomparsa dai monti altoatesini, l’altro per ribadire il suo diritto a vivere.
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