Italia & Estero
Quando l’Iva fa discutere più dell’ambiente: il paradosso fiscale di ostriche, vongole e tartufi
Ha fatto sorridere a sinistra l’impegno preso dal Ministro delle Politiche Agricole Lollobrigida di abbassare l’Iva sulle ostriche, attualmente al 22%, portandolo al 10%, peraltro come da imposizione nel resto d’ Europa.
Impegno preso a margine della manifestazione-degustazione organizzata in Senato martedì 4 marzo scorso dal Consorzio Pescatori di Goro e del Delta del Po a tutela della pregiata ostrica rosa che viene coltivata nelle lagune denominate Sacche di Scardovari e Goro, la cui produzione è stata pressochè azzerata dal famelico granchio blu (QUI link 1 – QUI link 2), specie aliena che mangia tutto ciò che trova e si riproduce alla velocità della luce.
Qualcuno penserà ad un problema di nicchia, “per ricchi”, ma così non è.
Infatti, parallelamente all’ ostrica, la quasi totalità delle vongole che vengono consumate in Italia provengono da quelle zone e chiunque, andando in pescheria, può prendere cognizione del disastro ecologico che ha comportato la quadruplicazione del prezzo per il prodotto vongola, di solida tradizione popolare ed oggi ormai rarefatto e diventato, questo si, un lusso.
Chi scrive frequenta quella zona e conosce di prima mano il dramma degli operatori, i quali oltre a destreggiarsi sul rispetto del diametro minimo delle vongole imposto dall’ Ue e l’ aumento dei carburanti, debbono vedere il loro pescato inesorabilmente azzerato e le loro attrezzature distrutte dalle chele del granchio, anche se l’ ingegnosità di quella gente cerca di porvi rimedio con l’ impianto di costosi recinti e reti di protezione metallici e con lo studio sull’ introduzione in laguna del polpo, specie nostrale antagonista dell’ indesiderato predatore.
Dunque non un problema per e dei “ricchi” ma un problema che riguarda la nostra tradizione gastronomica, la tenuta occupazionale primaria e dell’ indotto e la conservazione ambientale, temi questi ultimi già vessillo della sinistra.
Peraltro i risolini della caviar gauche risultano assai mal riposti in considerazione del fatto che proprio PD, M5S e Italia Viva in passato non solo avevano proposto – e non realizzato – tale abbassamento dell’ Iva, ma avevano poi invece tagliato l’ Iva sul tartufo, senza che il settore soffrisse di crisi ambientali o altro e senza considerare la consistente importazione dai Balcani e dall’Albania.
Per la precisione il governo PD – Renzi premier, Maurizio Martina ministro dell’Agricoltura – con la legge n. 122/2016 abbassò l’Iva dal 22% al 10% sui “tartufi freschi, refrigerati o presentati immersi in acqua salata, solforata o addizionata di altre sostanze atte ad assicurarne temporaneamente la conservazione, ma non preparati per il consumo immediato”. Poi, quando a Palazzo Chigi arrivarono i 5 Stelle l’ Iva fu ulteriormente tagliata per i tartufi freschi o refrigerati dal 10 al 5%, dunque poco sopra l’ Iva al 4% dei generi essenziali ( latte, legumi, frutta, ortaggi, cereali, olio e paste alimentari ).
A cura di Stefano Sforzellini
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