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Strage di cani, silenzio dei vertici: l’Enci tace mentre i lupi sbranano i nostri compagni di vita

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immagini di repertorio da larena.it
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“L’inerzia equivale a complicità silenziosa.” Non usa mezzi termini il dr. Gian Carlo Bosio, veterinario esperto di fauna selvatica e socio dell’Ente Nazionale della Cinofilia Italiana (Enci), nel rivolgere una durissima lettera aperta alla Presidenza e al Consiglio Direttivo dell’ente. Il motivo? La drammatica escalation di predazioni da parte dei lupi sui cani in Italia, una vera e propria emergenza che, secondo Bosio, l’Enci continua a ignorare nel più totale silenzio istituzionale.

“Desidero esprimere con forza una crescente preoccupazione condivisa da allevatori, proprietari, conduttori e semplici amanti dei cani: la drammatica escalation di attacchi e predazioni da parte di lupi nei confronti dei cani – da lavoro, da caccia, da pastore e persino da compagnia – in diverse zone d’Italia, e in particolare nella regione Emilia-Romagna, dove si contano ormai migliaia di casi circostanziati, documentati e segnalati alle autorità competenti.”

Nessuna presa di posizione, nessuna azione concreta, nessuna voce. Questo il nodo centrale della denuncia. Bosio si dice “profondamente sorpreso e deluso nel constatare che l’Enci – ente deputato ufficialmente dal Ministero dell’agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste, alla tutela del cane e della cinofilia nazionale – non abbia ancora assunto una posizione pubblica, chiara e inequivocabile su questa emergenza”, sottolineando come “sia inaccettabile che nel silenzio istituzionale continui la strage silenziosa di cani – animali che per noi non sono semplici strumenti di lavoro o compagnia, ma veri e propri compagni di vita.”



La richiesta è netta, articolata, urgente. Bosio chiede che l’Enci si esprima ufficialmente tramite un comunicato pubblico sulla gravità della situazione, che si apra un tavolo di confronto con Ministero, Regioni, ISPRA, forze dell’ordine e portatori d’interesse per adottare misure concrete e immediate. Inoltre, chiede l’avvio di un censimento ufficiale delle predazioni tramite le Delegazioni territoriali Enci, e campagne informative per fornire ai proprietari gli strumenti legali ed efficaci per proteggere i propri animali.

Ma il messaggio più forte arriva in chiusura: “L’inerzia, in questo contesto, equivale a complicità silenziosa. L’assenza di una voce autorevole come quella dell’Enci indebolisce ogni sforzo sul territorio e rischia di essere percepita come indifferenza o, peggio, come rinuncia al ruolo di tutela che per statuto vi compete. I cani – tutti i cani – meritano protezione. E la protezione inizia dalle parole, dalle prese di posizione, dal coraggio istituzionale di affrontare con serietà un tema che non può più essere ignorato o delegato ad altri. Vi chiedo di fare la vostra parte. Ora.”

Un appello accorato, che l’Enci non può più ignorare. Anche perché, come sottolinea l’Associazione Nazionale per la Tutela dell’Ambiente e della Vita Rurali, l’Enci è un ente privato, non pubblico, con piena autonomia gestionale, operativa e finanziaria, e oltre 10 milioni di euro di entrate annuali. Risorse che, secondo le critiche, non sono sempre utilizzate nel pieno rispetto della missione statutaria dell’ente.

Emblematico è il caso della sponsorizzazione del programma televisivo “Dalla parte degli animali” dell’on. Michela Vittoria Brambilla, presidente anche della Leidaa – Lega Italiana Difesa Animali e Ambiente – notoriamente contraria alla caccia. Una sponsorizzazione da almeno 500.000 euro provenienti da Enci, ente che però tutela anche 195 razze di cani selezionati proprio per attività venatorie. Un paradosso, secondo l’Associazione: “È come se la categoria dei panettieri sovvenzionasse un’associazione che supporta chi vuole vietare la farina.”

Il cortocircuito è evidente. Allevatori e appassionati di cinofilia da lavoro si domandano a chi stiano realmente andando i loro soldi. E perché l’Enci finanzi, con fondi derivanti anche da allevatori di razze da caccia, un programma condotto da un’esponente politica apertamente contraria a questo mondo. Il tutto nel silenzio delle associazioni venatorie.

Ma le perplessità non finiscono qui. L’Associazione evidenzia anche le gravi contraddizioni interne all’Enci sulla selezione genetica delle razze canine. Alcune razze come Carlino, Bulldog, Pastore Tedesco da show e Basset hound vengono selezionate con caratteristiche fisiche che compromettono il benessere dell’animale, dando origine a patologie respiratorie, scheletriche, digestive e riproduttive. Si tratta, secondo la denuncia, di un vero e proprio “maltrattamento genetico”, aggravato dal fatto che l’Enci ne è perfettamente consapevole.

Il Codice Etico dell’allevatore Enci prevede il divieto di far riprodurre cani con patologie manifeste o ereditarie. Ma l’applicazione di questo principio appare, nei fatti, largamente disattesa. “Vorremmo ricordare che pure in Italia fino agli inizi del secolo scorso alcuni girovaghi storpiavano i bambini poveri per fare più pena e ricevere più elemosine. Cosa cambia dal selezionare e produrre un cane abnorme perché così piace di più e si guadagna maggiormente?”

Una domanda scomoda, ma necessaria. Perché oggi la legge tutela il benessere animale come interesse pubblico, riconoscendo gli animali come esseri senzienti, come stabilito dalla riforma dell’art. 9 della Costituzione. E perché il Codice Penale, all’art. 544 ter, punisce con pene severe chiunque sottoponga un animale a sofferenze ingiustificate o fatiche non compatibili con la loro natura.

Il quadro che emerge è inquietante. Un ente con grandi risorse economiche, responsabilità statutarie chiare e una missione teorica nobile, ma che secondo molti non agisce con la coerenza e l’efficacia richieste. La tutela dei cani non può più essere solo uno slogan da brochure o da spot televisivo. Deve essere concreta, trasparente, coraggiosa.

L’Associazione Nazionale per la Tutela dell’Ambiente e della Vita Rurali lo dice chiaramente: urge l’intervento dello Stato e del Ministero competente affinché vengano effettuate le opportune verifiche sull’operato dell’Enci. E, se necessario, che si prendano decisioni istituzionali all’altezza della gravità della situazione.

I cani – tutti i cani – meritano protezione. Ora.

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