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Alto Adige

Peste suina africana: finora non si sono verificati casi in Alto Adige. La malattia non è considerata pericolosa per l’uomo

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Da quando in alcune regioni italiane sono stati accertati diversi casi di cinghiali ammalati di peste suina africana, dai media si sente spesso parlare di questa malattia di origine virale, altamente diffusiva che colpisce gli animali, per la quale è previsto l’obbligo di denuncia sanitaria.

In Alto Adige ad oggi non si registrano casi di infezione. La malattia non è pericolosa per l’uomo e non è contagiosa per altre specie animali.

Il Servizio veterinario provinciale fornisce informazioni su questa malattia animale altamente contagiosa legata al virus.



Un modo per diffondere la malattia è il contatto diretto con suini malati o con le loro carcasse. Attualmente, in Alto Adige non esiste una popolazione permanente di cinghiali residenti. I pochi esemplari che risiedono temporaneamente in Alto Adige sono sotto la diretta supervisione dell’autorità forestale provinciale.

Tre regole per contenere la diffusione della peste suina – Il Servizio veterinario provinciale sottolinea che per la peste suina africana non esistono né un vaccino né una cura ed è pertanto preziosa la collaborazione di tutta la popolazione. Esistono tre semplici regole per evitare la diffusione del virus.

Non abbandonare scarti o rifiuti alimentari e smaltirli in bidoni chiusia prova di animale selvatico”. Viene raccomandato, inoltre, di ritorno dai territori con casi di peste suina africana, di portare con sé solo prodotti a base di carne di suino e di cinghiale certificati.

Nel caso di rinvenimento di un cinghiale morto anche a seguito di incidente stradale, contattare immediatamente o il centralino del comprensorio sanitario di Bolzano dell’Azienda Sanitaria dell’Alto Adige (0471 908 111) o il Servizio di reperibilità forestale (366 664 3887).

Le aziende agricole altoatesine, in costante contatto con le autorità veterinarie locali, stanno rafforzando in modo significativo le misure per prevenire e diminuire il rischio di introduzione di malattie nei loro stabilimenti (le cosiddette “misure di biosicurezza”).

Le autorità provinciali competenti prestano particolare attenzione affinché nelle malghe con somministrazione di alimenti vengano correttamente gestiti i rifiuti e gli scarti di cucina.

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