Italia & Estero
Bologna, polemica sul corteo pro-Hamas: “Viva il 7 ottobre”, vietata la manifestazione dei Giovani Palestinesi
Scoppia la bufera a Bologna per l’annunciata manifestazione del collettivo “Giovani Palestinesi Italia”, che ha suscitato indignazione e allarme per i contenuti del volantino diffuso in occasione del secondo anniversario dell’attacco terroristico del 7 ottobre 2023.
L’iniziativa, prevista per la sera di oggi lunedì 7 ottobre in Piazza del Nettuno, è stata formalmente vietata dal questore dopo l’intervento del Viminale. Il motivo: il contenuto del volantino e dei post social che accompagnano l’annuncio dell’evento, ritenuti apertamente apologetici nei confronti del massacro di civili israeliani compiuto da Hamas due anni fa.
Nel testo di convocazione, l’attacco del 7 ottobre viene definito “la più grande azione di resistenza degli ultimi decenni contro l’occupazione coloniale sionista” e l’operazione “Diluvio di al-Aqsa” viene celebrata come “gloriosa”. Una narrazione che legittima e glorifica un atto terroristico che ha provocato la morte di oltre 1.200 persone in Israele, tra cui donne, bambini e anziani, e che fu condannato duramente dalla comunità internazionale, compresa l’ONU.
Il volantino, corredato dall’immagine di un uomo incappucciato con kefiah, porta lo slogan “Viva il sette di ottobre – Viva la resistenza palestinese” e richiama alla mobilitazione con parole d’ordine come “Gloria ai martiri! Viva la Resistenza! Palestina libera dal fiume al mare!”. Quest’ultimo slogan, “From the river to the sea”, è da tempo al centro di polemiche: nella sua accezione militante implica la cancellazione dello Stato di Israele, configurandosi come una negazione esplicita del diritto all’esistenza di un intero popolo.
A rendere ancora più controversa la manifestazione, il riferimento al “partigiano” Anan Yaeesh, attivista detenuto in Italia su mandato internazionale, definito prigioniero del “sionismo” e celebrato come simbolo della lotta. Il sostegno “a tutt3 l3 prigioner3 palestinesi” è espresso con un linguaggio inclusivo, ma non meno ideologicamente carico.
Il collettivo “Giovani Palestinesi Italia”, attivo in diverse città come Bologna, Milano, Torino e Roma, è molto presente sui social network, in particolare su Instagram, dove l’account nazionale conta oltre 155mila follower. Le loro piattaforme digitali si configurano come veicoli di propaganda antisionista, con contenuti che normalizzano e giustificano la violenza come strumento di “resistenza”.
L’iniziativa di Bologna non è un caso isolato, ma si inserisce in una crescente ondata di manifestazioni pro-Palestina che in tutta Europa, spesso sotto la maschera dell’anticolonialismo, strizzano l’occhio al fondamentalismo islamista e all’ideologia di Hamas. In Italia, come in Francia, Germania e Regno Unito, sempre più voci si levano per chiedere un argine normativo e istituzionale contro la diffusione di messaggi che incitano all’odio e al terrorismo.
È inaccettabile che in una città universitaria e multiculturale come Bologna si possa anche solo pensare di esaltare un evento che ha visto stupri, decapitazioni, rapimenti e massacri di civili. La libertà di manifestare non può trasformarsi in libertà di incitare alla violenza o di celebrare atti terroristici. Il confine tra attivismo e apologia del terrorismo non può essere ignorato, soprattutto in un contesto geopolitico sempre più teso, dove la radicalizzazione ideologica si alimenta anche attraverso eventi come questi.
Il divieto imposto dal questore è una misura necessaria a tutela dell’ordine pubblico, ma anche della dignità democratica del Paese. L’Italia non può permettere che sotto il pretesto della solidarietà internazionale si propaghi una narrativa che legittima il terrorismo, travestito da “resistenza”.
Per garantire una convivenza civile e la sicurezza nazionale, è urgente che le istituzioni vigilino con fermezza su queste derive e che il dibattito pubblico non si lasci intimidire da chi, con slogan e simboli, cerca di riscrivere la realtà dei fatti. Perché celebrare il 7 ottobre non è un atto politico: è una vergogna morale e una minaccia alla pace.
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