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Guerra in Europa? Ecco chi verrebbe richiamato alle armi in Italia

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«Se l’Europa vuole evitare la guerra, deve prepararsi alla guerra». Le parole pronunciate dalla presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen alla Royal Danish Military Academy hanno sollevato interrogativi inquietanti anche in Italia, soprattutto in merito alla possibilità di un ritorno della leva obbligatoria e alla mobilitazione della popolazione civile in caso di conflitto armato.

Dal 2004, infatti, la leva obbligatoria è stata sospesa per tutti i nati dal 1° gennaio 1986, ma non abolita. Questo significa che, in caso di guerra o grave crisi internazionale, potrebbe essere riattivata con un semplice decreto ministeriale.

Ma chi sarebbe effettivamente richiamato? E con quali criteri? A fare chiarezza sul quotidiano «Unione Sarda» è Massimiliano Masia, avvocato cassazionista esperto di diritto militare e Legal Advisor dell’Esercito Italiano, con un’esperienza sul campo maturata in missioni in Afghanistan, Iraq e Bosnia.



«In caso di guerra – spiega Masia – i primi a essere impiegati sarebbero i militari in ferma permanente delle Forze Armate: Esercito, Marina, Aeronautica, Carabinieri e Guardia di Finanza. A seguire, verrebbero richiamati tutti coloro che hanno lasciato le Forze Armate da meno di cinque anni. I civili verrebbero mobilitati solo in caso di estrema necessità». I militari in congedo assoluto, invece, non sarebbero più vincolati a obblighi in tempo di guerra.

Sebbene sospesa con la legge 23 agosto 2004 n. 226 (nota come “legge Martino”), la leva può essere ripristinata in situazioni straordinarie. In tal caso, verrebbero ricostituiti i Consigli di leva e il Ministro della Difesa stabilirebbe annualmente il contingente da richiamare, tenendo conto delle esigenze del conflitto.

La normativa attuale è ambigua sulla possibilità di richiamo alle armi delle donne. Da un lato, consente l’arruolamento volontario delle donne in tutte le forze armate; dall’altro, la leva obbligatoria resta formalmente riservata ai soli uomini. Secondo Masia, «questa contraddizione potrebbe essere superata con un decreto ministeriale che, in caso di guerra, includa anche le donne tra i soggetti richiamabili».

Non tutti sarebbero obbligati a rispondere comunque alla chiamata. Sono esclusi: coloro che non rientrano nei limiti di età; chi non è fisicamente o moralmente idoneo; tossicodipendenti e affetti da gravi patologie; orfani con fratelli minori a carico; genitori di prole a carico; figli unici conviventi con genitori disabili non autosufficienti.  Esistono poi esenzioni per casi eccezionali legati alla situazione economica e familiare.

Sono iscritti nelle liste di leva coloro che compiono 17 anni nell’anno di formazione delle liste, ma la chiamata effettiva parte dai 18 anni e arriva fino ai 45. Tuttavia, Masia precisa che «il Governo potrebbe elevare questo limite in considerazione delle attuali aspettative di vita, superando di molto la soglia dei 45 anni».

I civili richiamati verrebbero principalmente assegnati all’Esercito, il corpo numericamente più ampio. In Marina, invece, la preferenza andrebbe a chi ha lavorato nel settore marittimo o ha esperienze in ambito nautico. Per l’Aeronautica, si considererebbero criteri psicofisici e titoli di interesse aeronautico.

Per i militari in congedo, il grado sarà quello acquisito al momento del congedo, o eventualmente quello superiore se previsto dalla normativa. I nuovi richiamati tra i civili, invece, verrebbero graduati in base alla valutazione dei Comandanti di Corpo.

Le voci di Palazzo parlano chiaro: in caso di guerra, il Governo italiano potrebbe introdurre nuovi criteri per la leva obbligatoria, includendo le donne e innalzando l’età massima di richiamo. «La normativa attuale – conclude Masia – è figlia di un’epoca passata e dovrà inevitabilmente essere aggiornata alle esigenze del presente».

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