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L’Europa si appresta a decidere il futuro del cambio d’ora. Intanto stanotte si torna un’ora indietro.

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Con il ritorno all’ora solare previsto per domani 26 ottobre 2025, quando le lancette saranno spostate indietro di un’ora, si riapre con forza il confronto politico sull’abolizione del doppio orario nell’Unione Europea. La proposta rilanciata dal premier spagnolo Pedro Sánchez ha riacceso la discussione pubblica e istituzionale su una pratica che molti considerano ormai superata.

La battaglia normativa ha radici recenti ma ferme: nel 2019 il Parlamento Europeo aveva già approvato una norma per porre fine al cambio stagionale, ma il percorso legislativo si è inceppato a causa della pandemia di Covid-19. La proposta originaria della Commissione Europea risale al 2018 e poggia su un sondaggio che raccolse oltre 4,6 milioni di risposte, con l’**84% dei partecipanti favorevole** a cancellare il passaggio tra ora legale e ora solare.

Secondo il governo spagnolo, la proposta di revisione mira a recepire la volontà dei cittadini e ad adeguare le norme a mutati ritmi economici, tecnologici e sociali: **il cambio dell’ora è visto come un residuo del passato**. Sánchez ha sintetizzato la posizione centrale con parole nette, spiegando che il passaggio stagionale *”non ha più senso”* e che provoca effetti *”negativi sulla vita e sulla salute delle persone”*. Anche la vicepresidente della Commissione Ue, Teresa Ribera, ha manifestato sostegno all’iniziativa.



Per trasformare l’intenzione politica in legge serve però un passaggio obbligato: la decisione dovrà ottenere l’approvazione del Consiglio Europeo. La mancanza di unanimità tra i Ventisette rappresenta l’ostacolo principale, perché la procedura richiede una maggioranza qualificata e, secondo fonti governative, si cercherà idealmente una soluzione condivisa che eviti fratture tra Stati membri.

Nel frattempo la scadenza normativa fissata per il 2026 crea una finestra temporale utile a rimettere la questione al centro dell’agenda comunitaria. Il governo spagnolo intende usare questo arco di tempo per «inviare un messaggio chiaro» agli altri Paesi: ascoltare la cittadinanza e aggiornare le politiche pubbliche alla luce delle nuove esigenze. L’equilibrio da trovare sarà tra uniformità di orari sul territorio dell’UE e rispetto delle differenti esigenze nazionali, economiche e sociali.

Il confronto proseguirà nei prossimi mesi, con il calendario dei cambi d’ora e con la necessità di trovare un consenso al Consiglio. La posta in gioco è alta: dalla salute pubblica alla sincronizzazione delle attività economiche, passando per l’impatto sui trasporti e sui servizi transfrontalieri. La decisione che l’Unione Europea assumerà nei prossimi anni determinerà se il doppio orario resterà un elemento del passato europeo o se continuerà a scandire le stagioni della vita quotidiana.

 

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