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Lettera pastorale del vescovo: esprimiamo la fede, aiutiamo i veri poveri

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Per la festa dei patroni diocesani Cassiano e Vigilio domenica 26 aprile, il vescovo Ivo Muser ha scritto una lettera pastorale incentrata sugli effetti del coronavirus nella fede e nella società.

Anche ora che si guarda alla fase due, “servono ancora umiltà, fermezza, solidarietà, tanto ‘noi‘ e meno ‘io‘. Sforziamoci soprattutto, nel superare questa crisi globale, di non lasciare che resti tutto così o che torni tutto come prima. Domandiamoci – scrive tra l’altro il vescovo – chi sono i veri poveri, tra noi e nel mondo”.

Monsignor Muser sottolinea inoltre che l’esperienza di queste settimane, con le tante limitazioni, “mostra l’importanza della chiesa domestica, della trasmissione della fede nelle nostre case e famiglie”.



Da qui il suo invito ad adulti e giovani: “Riscopriamo quanto sia importante parlare di fede, celebrarla, esprimerla in gesti e immagini”.

Il vescovo propone la sua riflessione per un approfondimento in casa e in famiglia, “nelle nostre chiese domestiche“.

Di seguito il testo integrale della lettera pastorale

Care sorelle, cari fratelli nella nostra diocesi di Bolzano-Bressanone. Care famiglie e comunità parrocchiali. Cari confratelli nel sacerdozio, cari diaconi e cari religiosi, care collaboratrici e cari collaboratori nei vari ambiti pastorali, care e cari insegnanti di religione.

Probabilmente c’è una parola che tutti non vogliamo più sentire: coronavirus. In queste settimane e mesi la vita sociale, culturale, economica, scolastica, musicale, sportiva e pubblica è stata molto limitata.

Annullato, non possibile, non ha luogo, chiuso, rinviato: è il tenore di molte informazioni o colloqui di questi tempi. Anche la vita ecclesiale e pastorale ne è molto colpita.

Dal 9 marzo le sante messe non possono più essere celebrate con il concorso di popolo, riunioni e pianificazioni sono ridotte al minimo. Abbiamo dovuto celebrare la Pasqua, il culmine dell’anno liturgico, in una maniera inedita.

Le celebrazioni della prima comunione sono state rinviate, tanti matrimoni sono stati posticipati. Per molte persone è particolarmente doloroso e gravoso affrontare le nuove modalità di celebrazione dei funerali in queste settimane.

Anche la processione di San Cassiano, che dal 1703 si snoda lungo le strade della città vescovile di Bressanone, deve essere annullata. Era accaduto l’ultima volta 75 anni fa, nel 1945, alla fine della guerra.

Nelle scorse settimane ho detto spesso: adesso servono umiltà, fermezza, solidarietà. Nessuna azione in solitaria, anche in ambito ecclesiale. Serve una profonda e sentita riconoscenza verso le tante persone che sono impegnate con competenza e coraggio negli ospedali, nelle residenze per anziani e nelle case di cura, nell’assistenza dei familiari a domicilio e in molti altri ambiti della vita quotidiana.

Serve una conversione, come la intende il messaggio biblico: non solo per superare presto questo incubo, ma anche affinché tutto non riprenda semplicemente come prima.

Speriamo di no! In questi giorni attendiamo tutti segnali chiari per il tempo dopo il 3 maggio. Ma qualcosa di questa situazione inedita e complicata ci accompagnerà ancora a lungo, come società e come chiesa.

Servono ancora umiltà, fermezza, solidarietà, tanto ‘noi‘ e meno ‘io‘. Prendo spunto dalla festa dei nostri patroni diocesani Cassiano e Vigilio per mettermi in relazione con voi attraverso questa riflessione pastorale.

Nelle settimane trascorse abbiamo sperimentato molte forme di comunione umana e spirituale, e di questi sforzi vi ringrazio di cuore! Cosa sappiamo dei patroni della nostra diocesi di Bolzano-Bressanone? Cassiano, insegnante cristiano, morì martire a Imola attorno all’anno 304.

La sua venerazione e una reliquia giunsero a Sabiona, il sacro monte del Tirolo, dove è testimoniata nell’anno 850 una chiesa dedicata al santo. Nel 993 le reliquie di Cassiano venerate a Sabiona furono trasferite nel nuovo duomo di Bressanone. Nel 2004, 1700 anni dopo la morte di san Cassiano, sono state analizzate le sue spoglie conservate nel duomo di Imola.

Queste analisi, condotte da istituti scientifici di Bologna, Genova e Miami negli Stati Uniti, hanno confermato quando la devozione popolare aveva sempre sostenuto: il cranio del santo porta i segni di ferite riconducibili a colpi di stiletto, che all’epoca dell’imperatore Diocleziano si usava per scrivere su tavolette di cera.

Inoltre è stato verificato che le reliquie si riferiscono a un uomo di oltre trent’anni, deceduto 20-30 giorni dopo essere stato ferito.

Notevole: un’antica tradizione, considerata da molti storici come una pura leggenda, viene confermata dai moderni metodi di indagine. Vigilio, di discendenza romana, era il terzo vescovo di Trento. Il padre della chiesa Ambrogio da Milano aveva confermato e rafforzato Vigilio nel suo mandato e gli aveva inviato missionari dall’Asia Minore per evangelizzare.

Conosciamo i loro nomi: Sisinio, Martirio e Alessandro. Tutti e tre morirono martiri in val di Non nel 397, in un periodo in cui le persecuzioni dei cristiani nell’impero romano erano già cessate. Vigilio ne informò il vescovo di Milano e persino san Giovanni Crisostomo a Costantinopoli, dove inviò anche le reliquie dei martiri anauniesi.

Le lettere di accompagnamento sono conservate. Da tempo immemorabile Vigilio è celebrato a Trento come patrono diocesano, la sua tomba si trova sotto l’altare maggiore del duomo cittadino. Dal 1964, l’anno dell’istituzione della diocesi di Bolzano-Bressanone, Vigilio è assieme a san Cassiano il patrono della nostra diocesi.

Per la solennità dei patroni della Chiesa locale vorrei richiamare ai semplici segni della fede che generazioni di credenti prima di noi hanno coltivato e vorrei invitarvi a riflettere su ciò che vi è possibile fare. L’esperienza di queste settimane mostra quanto sia importante la chiesa domestica: la cura, la celebrazione e la trasmissione della fede nelle nostre case e famiglie.

Un tempo c’erano la preghiera del mattino, la preghiera della sera, la preghiera prima e dopo i pasti. Le persone pregavano l’Angelus tre volte al giorno.

C’erano il segno della croce e l’acqua benedetta, l’angolo con il crocifisso per la devozione domestica, le immagini della Madre di Dio e dei santi, i segni e le usanze della devozione popolare, il rosario, la sosta nelle chiese per pregare davanti al Signore nel tabernacolo, la confessione, la domenica e la festività, che aveva il suo culmine nell’andare in chiesa.

Negli ultimi decenni alcuni di questi riti modesti, semplici, ordinati, e però significativi, per molti sono caduti in disuso. Non di rado vengono sospettati di essere solo espressioni di esteriorità o di abitudine.

Ma questo è un grave errore! La fede non si può limitare ad alcune occasioni eccezionali. La fede vissuta, che riguarda la nostra vita e ci aiuta ad affrontarla e interpretarla, ha bisogno del quotidiano e della regolarità. Riscopriamo quanto sia importante conoscere le Sacre Scritture, parlare di fede e celebrarla, esprimerla in gesti e immagini.

Chi non sa più nulla della fede, non può scoprirla come fonte di energia. La trasmissione della fede ha bisogno che venga raccontata da una generazione all’altra. Coltiviamo i segni visibili e semplici della nostra fede! Non vergogniamoci di fare il segno della croce prima dei pasti, anche in pubblico e al ristorante. Portiamo sempre grande rispetto delle convinzioni religiose di altre persone, ma mostriamo nella vita personale e anche pubblica e sociale la nostra volontà di restare cristiane e cristiani.

Non timidamente e a mezza voce, bensì con gioia e anche orgoglio. Cari genitori e nonni, benedite spesso e volentieri i vosti figli e nipoti, trasmettete loro il senso per il sacro, anche per lo spazio sacro. I bambini sono molto ricettivi e aperti. Parlate con i bambini di Dio, di Gesù, del mondo della fede. Dite e raccontate ai bambini cosa significa la fede per voi! Vi invito a ritrovare la domenica e le feste dell’anno liturgico e a scoprire quale tesoro ci viene affidato. Non vergogniamoci della nostra fede, parliamone senza paura e mostriamola concretamente e pubblicamente.

Voglio sottolineare in particolare la dimensione sociale della professione della fede cristiana, senza la quale la fede non può dirsi tale: l’impegno per la tutela della vita umana dal concepimento alla morte, l’aiuto al prossimo, la gratuità, la disponibilità a partecipare e sostenere progetti sociali e caritativi, la condivisione a livello personale e strutturale con quanti hanno bisogno di aiuto, l’impegno a favore del creato.

Cristiane e cristiani si riconosceranno sempre anche come “i miti“ e “gli operatori di pace“ (cfr. Mt 5,5.9.) La crisi da coronavirus ha tra l’altro reso evidente come una società che punti costantemente alla crescita nel settore turistico, nella mobilità, nell’industria del tempo libero, nel commercio e in molti altri ambiti economici e vitali, arrivi al suo limite.

La fede biblica con la sua opzione per i poveri, “che abbiamo sempre con noi“ (cfr. Gio 12,8), ci dice molto di un cambio di prospettiva che fa bene all’intera società. Sforziamoci soprattutto, nel superare questa crisi globale, di non lasciare che resti tutto così o che torni tutto come prima. Domandiamoci chi sono i veri poveri, tra noi e nel mondo. E domandiamoci, partendo dalla nostra fede, di cosa abbia bisogno il creato per poter restare il nostro comune sostentamento.

Nella mia lettera pastorale “Dai loro frutti li riconoscerete“ (15 marzo 2020) ho scritto che “un sistema economico che poggia sull‘egoismo è la radice di derive e sfide globali come disuguaglianza sociale, cecità ecologica, nuovi nazionalismi e fondamentalismi.“ Grazie per i molti segni di comunione e la volontà di fare di rete che ho potuto sperimentare nelle settimane passate, proprio in un tempo di legami e incontri limitati! Grazie per questo camminare assieme nella fede.

Il Signore risorto benedica il cammino della nostra Chiesa locale attraverso la storia. Maria, madre della Chiesa, i santi patroni diocesani Cassiano e Vigilio, tutti i santi e beati della nostra Diocesi, pregate per noi”.

Il vostro vescovo Ivo Muser 

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