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Renè Benko arrestato: crac miliardario, corruzione e fondi Covid usati per sé

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Colpo di scena internazionale: Renè Benko, il re dell’immobiliare tirolese e fondatore del colosso Signa Group, è stato arrestato questa mattina nella sua lussuosa villa di Innsbruck. L’arresto, avvenuto alle 8.30, ha scosso il mondo imprenditoriale e politico. La notizia, riportata dal quotidiano austriaco Kronen Zeitung, conferma che il magnate è stato fermato su mandato della Procura anticorruzione di Vienna (Wksta). Le accuse? Corruzione, associazione a delinquere e occultamento di beni. E non finisce qui: Benko è nel mirino di quattro procure, tra cui quella di Trento, che aveva già chiesto il suo arresto nell’ambito dell’inchiesta italiana “Romeo”.

Il quadro si fa sempre più inquietante. Secondo gli investigatori, Benko avrebbe falsificato fatture e nascosto beni tramite la Fondazione privata Laura, formalmente gestita dalla madre ma di cui il tycoon sarebbe stato il vero proprietario. Questo avrebbe permesso al magnate di eludere creditori e autorità durante la sua insolvenza personale. A peggiorare la sua posizione, intercettazioni telefoniche, dichiarazioni di ex collaboratori e sofisticate analisi di intelligence che lo inchioderebbero. E come ciliegina sulla torta, l’affitto di 238.500 euro al mese per la villa dove viveva e dove è stato arrestato: un lusso pagato da una fondazione che avrebbe dovuto sostenere ben altri scopi.

Ma non è tutto. L’imprenditore 47enne è sotto accusa anche per aver utilizzato oltre un milione di euro di fondi Covid per finanziare il suo hotel di lusso, un’accusa che ha fatto indignare l’opinione pubblica. In Germania, intanto, le Procure di Berlino e Monaco indagano sulla sua presunta responsabilità nel collasso del celebre centro commerciale KaDeWe. E non trascuriamo le indagini in Liechtenstein, dove si analizzano le ramificazioni finanziarie delle sue fondazioni per sospetti di riciclaggio di denaro.



In Italia, Benko è un nome che fa tremare. Nell’inchiesta “Romeo”, condotta dalla Procura di Trento, il magnate è accusato di essere il promotore di un’associazione per delinquere che pilotava operazioni immobiliari nel Nord Italia, orchestrando rapporti illeciti tra imprenditoria e politica locale. Secondo le accuse, Benko impartiva ordini al suo braccio destro in Alto Adige, Heinz Peter Hager, per ottenere autorizzazioni e mantenere il controllo sul mondo istituzionale. Le accuse vanno dalla turbativa d’asta al finanziamento illecito ai partiti, fino alla corruzione e alla rivelazione di segreti d’ufficio.

Nonostante i guai giudiziari, Benko sembrava vivere come se nulla fosse. La scorsa estate, l’imprenditore era stato immortalato a bordo del suo motoscafo blu sul Lago di Garda, un’immagine che oggi appare come un simbolo di arroganza. “Doveva essere chiaro a tutti che l’imbarcazione non poteva più essere usata dopo l’apertura della procedura di insolvenza”, aveva dichiarato il curatore fallimentare Andreas Grabenweger. Eppure, Benko continuava a sfoggiare il suo stile di vita dorato, come se la giustizia fosse un problema lontano.

Ora, però, il cerchio si stringe. L’arresto di Benko rappresenta uno dei più clamorosi scandali degli ultimi anni, con ramificazioni che attraversano Austria, Italia, Germania e Liechtenstein. Mentre il suo avvocato, Norbert Wess, grida all’infondatezza delle accuse, le prove accumulate dagli investigatori sembrano raccontare un’altra storia: quella di un imprenditore che avrebbe sfruttato il suo impero per arricchirsi a spese di creditori, partner e persino dello Stato. Questa volta, il magnate potrebbe non riuscire a comprare la sua libertà.

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