Donald Trump ha annunciato lo storico accordo di pace tra Israele e Hamas, firmato a Sharm el Sheik dopo giorni intensi di negoziati indiretti, mediati da Egitto, Qatar e Turchia con la supervisione degli Stati Uniti. Un’intesa che segna l’inizio della fine di un conflitto durato due anni nella Striscia di Gaza e che potrebbe rappresentare il più importante colpo diplomatico dell’ex presidente americano.

“Gli ostaggi dovrebbero essere rilasciati lunedì o martedì”, ha dichiarato Trump durante una riunione di governo alla Casa Bianca. Il tycoon ha celebrato l’accordo come un successo personale, al punto da voler partecipare alla cerimonia ufficiale della firma prevista in Egitto, e forse anche in Israele. “Abbiamo messo fine alla guerra, penso che porterà a una pace durevole”, ha spiegato ai suoi ministri, mentre preparava il viaggio in Medio Oriente.

L’annuncio è avvenuto tramite un post pubblicato su Truth, preparato in anticipo per essere il primo a renderlo pubblico. Decisivo sarebbe stato un biglietto passato dal segretario di Stato Marco Rubio, che informava Trump dell’accordo ormai imminente. Secondo l’ex presidente, questo accordo potrebbe superare, per impatto storico, persino gli Accordi di Abramo del suo primo mandato. Trump sogna ora il Nobel per la pace, sostenuto da autorevoli voci internazionali tra cui il premier israeliano Benjamin Netanyahu e il quotidiano New York Times.

L’accordo prevede, nella sua prima fase, il rilascio di 48 ostaggi israeliani, di cui 20 ancora in vita, lo scambio con 1.950 detenuti palestinesi, tra cui 250 condannati all’ergastolo, e la restituzione dei corpi di 360 miliziani di Hamas. Tuttavia, Israele ha posto il veto sulla liberazione di Marwan Barghouti e Ahmad Saadat, e ha escluso la restituzione dei corpi dei fratelli Yahya e Mohammed Sinwar.

Il cessate il fuoco entrerà in vigore entro 24 ore dalla ratifica dell’accordo da parte del governo israeliano, nonostante l’opposizione annunciata dei ministri ultranazionalisti Bezalel Smotrich e Itamar Ben Gvir. L’esercito israeliano (IDF) si ritirerà sulla cosiddetta “linea gialla”, mantenendo il controllo di circa il 53% del territorio di Gaza. Entro le successive 72 ore, tutti gli ostaggi dovrebbero essere rilasciati e riportati in Israele.

La seconda fase dell’accordo, ancora più complessa, includerà il disarmo di Hamas, la ricostruzione e la governance di Gaza, il ritiro completo dell’IDF e l’insediamento di una forza di pace internazionale, probabilmente sotto l’egida delle Nazioni Unite. Su questi temi si sono confrontati a Parigi i ministri degli Esteri di diversi Paesi, tra cui Antonio Tajani per l’Italia. Il presidente francese Emmanuel Macron ha messo in guardia contro l’accelerazione della colonizzazione israeliana in Cisgiordania, definendola “una minaccia esistenziale per lo Stato di Palestina” e contraria al piano americano.

Nel frattempo, l’Egitto si prepara ad ospitare una conferenza sul futuro della causa palestinese, mentre i Paesi arabi del Golfo parteciperanno alla ricostruzione di Gaza. Trump ha ringraziato pubblicamente i leader di Qatar, Egitto e Turchia, sottolineando in particolare il ruolo “grandioso” del presidente turco Erdogan nella mediazione con Hamas. Ha inoltre aperto alla possibilità di cooperare con l’Iran, dopo che Teheran ha espresso sostegno all’accordo, così come il presidente russo Vladimir Putin.

L’annuncio dell’accordo ha acceso la speranza e la gioia tra le famiglie degli ostaggi e i cittadini di Gaza e Israele, che hanno festeggiato nelle strade. La comunità internazionale ha accolto con favore la notizia, intravedendo una possibile svolta per la pace nella regione. Trump, nel ruolo di mediatore globale, si gode il momento e rilancia: “Ora lavorerò con Teheran”. Se l’accordo reggerà e sarà pienamente attuato, potrebbe davvero segnare il punto di svolta per una pace duratura in Medio Oriente.