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Addio a Totò Schillaci, l’eroe di Italia ’90: morto a 59 anni

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Totò Schillaci, l’indimenticato attaccante che incantò il mondo durante il Mondiale di calcio del 1990, è scomparso all’età di 59 anni. L’ex calciatore, celebre per la sua carriera con la Nazionale italiana, la Juventus e l’Inter, era stato ricoverato in gravi condizioni il 7 settembre presso il reparto di pneumologia dell’ospedale Civico di Palermo, come riportato dall’azienda sanitaria locale.

Nei giorni precedenti, le notizie sulla sua salute sembravano incoraggianti, con i bollettini medici che indicavano un miglioramento lento ma costante. Tuttavia, nelle ultime ore, le sue condizioni sono precipitate, portando alla triste notizia della sua morte.

Per onorare la sua memoria, si sta valutando l’allestimento di una camera ardente presso lo stadio Renzo Barbera di Palermo, un luogo simbolico che rappresenta la sua profonda connessione con la città e il suo straordinario percorso sportivo. Schillaci rimarrà per sempre un simbolo del calcio italiano, capace di emozionare generazioni di tifosi.



Da Palermo al Giappone, il viaggio di un Campione

Nato nel vivace quartiere palermitano di San Giovanni Apostolo, Salvatore “Totò” Schillaci ha iniziato la sua carriera calcistica nelle giovanili dell’AMAT Palermo, una squadra che rappresentava l’azienda municipalizzata della città. Ricorda con nostalgia i tentativi del Palermo di acquistarlo insieme al compagno Carmelo Mancuso: «Offrirono 28 milioni di lire, ma l’AMAT chiese 35 milioni. Per soli 7 milioni, rimanemmo».

Nel 1982, Schillaci si trasferì al Messina, in Serie C2. La sua vera esplosione avvenne nella stagione 1985-86, quando contribuì con 11 gol alla promozione in Serie B. Nonostante un infortunio ai menischi nel 1987 che limitò il suo rendimento, sotto la guida di Franco Scoglio, ritornò in forma, segnando 13 gol nella stagione successiva. Schillaci ha sempre espresso profonda gratitudine per Scoglio, che gli concedeva la libertà di esprimersi in campo.

Il suo talento emerse in modo prepotente durante l’annata 1988-89, quando, sotto la guida di Zdeněk Zeman, divenne capocannoniere della Serie B con 23 reti. In sette stagioni con il Messina, collezionò 256 presenze e 77 gol, rendendolo uno dei simboli del club.

Nel 1989, la Juventus lo acquistò per 6 miliardi di lire. Schillaci esordì in Serie A il 27 agosto, e nella sua prima stagione segnò 15 gol, guadagnandosi il soprannome di “Totò-Gol”. Fu un elemento chiave nella conquista della Coppa Italia e della Coppa UEFA. Le sue prestazioni gli valsero una convocazione per il Campionato del Mondo del 1990, disputato proprio in Italia.

Tuttavia, la sua carriera in bianconero conobbe un declino. Un episodio controverso avvenne durante una partita contro il Bologna, quando, dopo una provocazione, Schillaci minacciò un avversario, scatenando polemiche. Un’altra frattura si creò con Roberto Baggio, con cui ebbe un litigio nello spogliatoio, ma entrambi seppero chiudere la questione rapidamente.

Dopo l’arrivo di Gianluca Vialli, Schillaci trovò sempre meno spazio e decise di lasciare la Juventus, una scelta influenzata dalla sua situazione personale. Nel 1992, si trasferì all’Inter per 8,5 miliardi di lire, dove segnò 11 gol in due stagioni e contribuì alla vittoria della Coppa UEFA 1993-94, pur non potendo partecipare alla finale.

Nel 1994, dopo un periodo difficile all’Inter, Schillaci accettò una proposta dal Giappone, diventando il primo calciatore italiano a giocare nella J. League con lo Júbilo Iwata. Qui, visse un’esperienza unica, segnando 56 gol in 78 partite e vincendo il campionato nel 1997, nonostante un infortunio che lo costrinse a ritirarsi nel 1999.

La carriera di Totò Schillaci si conclude con un’impressionante collezione di 120 presenze e 37 reti in Serie A e 105 presenze e 39 gol in Serie B. La sua storia rappresenta un viaggio straordinario, dall’amore per il calcio nelle strade di Palermo alla celebrazione in Giappone, un simbolo di passione e resilienza.

L’Ascesa dell’Eroe di Italia ’90

Dopo una stagione di grande impatto alla Juventus, Totò Schillaci guadagnò nel 1990 la sua prima convocazione nella nazionale maggiore, grazie al commissario tecnico Azeglio Vicini. Schillaci aveva già indossato la maglia azzurra nell’Under-21, grazie a Cesare Maldini, ma fu al mondiale casalingo che il suo nome entrò nella storia.

Nella fase a gironi del Campionato del Mondo, Schillaci iniziò come riserva, subentrando a Carnevale durante l’incontro di apertura contro l’Austria. Il suo ingresso in campo si rivelò decisivo: dopo solo quattro minuti, segnò di testa il gol che permise all’Italia di vincere 1-0. Da quel momento, divenne titolare, formando un affiatato duo d’attacco con Roberto Baggio.

Schillaci continuò a brillare, segnando in tutte le partite successive: dalla vittoria contro la Cecoslovacchia all’Uruguay, fino alla semifinale contro l’Argentina, dove l’Italia fu eliminata ai rigori. Nella finalina per il terzo posto contro l’Inghilterra, Schillaci realizzò un rigore decisivo, contribuendo così a una storica vittoria per 2-1. Il gesto di Baggio di permettergli di calciare il rigore si rivelò fondamentale, portando Schillaci a vincere il titolo di capocannoniere del torneo con un totale di sei reti.

Nonostante il suo straordinario rendimento, Schillaci decise di non partecipare alla lotteria dei rigori in semifinale, dichiarando: «Avevo un problema muscolare ed ero stanco. Preferivo lasciare il compito a chi era più fresco». La sua umiltà e consapevolezza del momento furono segni del grande atleta che era.

Al termine del torneo, Schillaci ricevette il Pallone d’oro adidas come miglior giocatore e la Scarpa d’oro adidas per il suo ruolo di capocannoniere. Fu anche secondo nella classifica del Pallone d’oro di France Football, dietro al tedesco Lothar Matthäus.

Riflettendo sulla sua esperienza, Schillaci dichiarò: «Ci sono periodi nella vita di un calciatore nei quali ti riesce tutto. Per me, questo stato di grazia è coinciso con quel Campionato del Mondo». I suoi gol e le sue prestazioni rimasero nel cuore dei tifosi italiani, rendendolo un simbolo di quelle “notti magiche” del 1990.

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