Italia ed estero
Europa: stop alla plastica “usa e getta”. I prodotti alternativi però sono nocivi

Da inizio luglio è vietato, in tutto il territorio UE, l’uso di alcuni prodotti di plastica cd. monouso, fra cui bicchieri in polistirolo, piatti e stoviglie “usa e getta”, cannucce e cotton fioc. E’ comunque consentito mettere in commercio le rimanenze di questi prodotti.
L’Italia ha adottato la cosiddetta direttiva europea “SUP” (“Single Use Plastic”, ovvero plastica monouso) con un’importante differenza: mentre in Europa non viene fatta alcuna distinzione in base all’origine del materiale plastico utilizzato, equiparando gli oggetti in plastica ”tradizionale” (cioè i prodotti di origine petrolchimica e non biodegradabili) a quelli in “bio-plastica” (di origine organica biodegradabile, ad es. di mais), l’Italia permette l’uso di questi ultimi, escludendoli dal divieto. Allo stesso tempo, alla Commissione europea è stata richiesta una revisione delle linee guida di applicazione della direttiva SUP.
È fuori discussione che ogni processo di riduzione di rifiuti in plastica sia da salutare con grande favore. Ciononostante alcuni test pubblicati di recente sui prodotti alternativi alla plastica fanno sorgere nuovi dubbi. L’Organizzazione europea dei consumatori BEUC, ha, ad esempio, analizzato in quattro Paesi, fra cui l’Italia, stoviglie monouso fatte di carta, canna da zucchero o foglie di palma, trovando (a maggio 2021) sostanze nocive nel 53% dei prodotti analizzati. Fra queste, residui di pesticidi e PFAS (sostanze perfluoro alchiliche). I PFAS vengono utilizzati per rendere i tessuti, gli imballaggi alimentari e le carte repellenti all’acqua, al grasso e allo sporco.
Anche “Il Salvagente” (giugno 2021) ha analizzato piatti e bicchieri monouso compostabili, trovando, in nove degli undici prodotti analizzati, presenze di PFAS. Due dei prodotti ne erano invece esenti, il che ha portato “Il Salvagente” a concludere che è senz’altro possibile una produzione alternativa senza l’impiego di sostanze nocive (fra cui i PFAS).
Queste sostanze chimiche (i PFAS), che sono degli interferenti endocrini e influiscono sul sistema ormonale umano, sono problematici sotto più aspetti. Da un lato l’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro dell’OMS (IARC) li considera potenzialmente cancerogeni; sono inoltre persistenti e per questo, già in molti, ne parlano come di “inquinanti perenni”. Resta da chiarire, allo stato attuale, se le stoviglie rilascino dette sostanze negli alimenti che contengono, che cosa accada durante il processo di compostaggio, e se le sostanze alla fine finiscano anche nelle acque. “Il Salvagente” chiede un’analisi approfondita da parte dello Stato, con conseguente messa in campo di opportune misure, visto anche che negli Stati Uniti, alla pubblicazione di una ricerca con risultati analoghi, l’industria del packaging ha provveduto a ritirare i prodotti di propria iniziativa, imponendosi anche dei valori limite da non superare.
In Europa, l’Autorità europea per la sicurezza alimentare EFSA, ha disposto attualmente dei valori limite soltanto per quattro PFAS (vedi https://www.efsa.europa.eu/it/news/pfas-food-efsa-assesses-risks-and-sets-tolerable-intake), in quanto gli altri non sono stati analizzati, sino ad ora, in modo sufficientemente approfondito.
“Davanti a queste notizie e fino alla creazione di una cornice normativa che preveda autorizzazioni, valori limite e controlli precisi, le soluzioni “usa-e-riusa” fatte con materiali diversi dalla plastica diventano sempre più attrattive” commenta la direttrice del Centro Tutela Consumatori Utenti, Gunde Bauhofer. “Resta da sperare che a livello europeo e nazionale vengano creati i giusti presupposti per l’impiego di tali soluzioni, affinché non si ripeta nuovamente la problematica che era sorta qualche anno fa intorno ai contenitori “usa-e-riusa” portati da casa per la frutta e la verdura.”
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