Il silenzio elettorale non ha fermato la battaglia politica, nemmeno per un giorno. Alla vigilia del referendum promosso dalla Cgil su lavoro e cittadinanza, lo scontro tra centrodestra e centrosinistra è deflagrato in un crescendo di accuse, appelli e violazioni delle regole. A scatenare la miccia è stato il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, che ha dichiarato pubblicamente: “Non andrò a votare. È un diritto costituzionale che non esprime disinteresse verso le istituzioni, ma, al contrario, un’intenzione politica molto netta di evitare che queste leggi vengano cambiate.” Un messaggio chiaro: astenersi per far fallire il quorum.
Un invito che ha scatenato reazioni furiose e immediate dal fronte opposto. Durante la manifestazione per Gaza in Piazza San Giovanni a Roma, i leader del centrosinistra — Elly Schlein, Giuseppe Conte, Angelo Bonelli e Nicola Fratoianni — hanno chiuso i loro interventi con un coro che ha infranto formalmente il silenzio elettorale: “Ci eravamo dimenticati… Andiamo tutti a votare 8 e 9 giugno!” Un’uscita che ha fatto infuriare il centrodestra, secondo cui la manifestazione sarebbe stata “uno strumento per fare campagna sui referendum nel giorno di riflessione”, come ha affermato Lucio Malan di Fratelli d’Italia.
Le polemiche non si sono fermate qui. Pierluigi Bersani, presente alla marcia pro Palestina, è stato immortalato con un cappellino rosso che recitava “Referendum, io voto Sì”. La foto ha fatto il giro dei social e dei media, suscitando l’indignazione di esponenti di destra come Nicola Procaccini (FdI): “Una schifezza morale e legale.” Bersani, con la consueta ironia, ha replicato: “C’era il sole, mi hanno allungato un cappellino e l’ho preso. Se veniva Procaccini e mi dava un Borsalino, mettevo quello.”
Non è mancata nemmeno una polemica interna al mondo cattolico. La rivista “Mosaico di Pace”, espressione di Pax Christi, ha criticato la Cei per aver ignorato il voto referendario: “Quasi che i diritti dei lavoratori non fossero temi eticamente sensibili.”
In questa cornice di accuse incrociate, emerge però una verità spesso dimenticata: l’astensione strategica non è una prerogativa del centrodestra. La stessa sinistra, in passato, ha fatto ricorso allo stesso strumento per far fallire referendum ritenuti “inutili” o “sbagliati”. Memorabile l’appello di Bettino Craxi nel 1991: “Andate al mare”, rivolto agli elettori per boicottare il referendum sulla preferenza unica. Una mossa che si rivelò un boomerang, visto che alle urne si presentò oltre il 60% degli aventi diritto.
Nel 2003, a opporsi a un referendum sul lavoro furono i Democratici di sinistra, la Margherita, i Socialisti democratici e l’Udeur. Nei volantini campeggiava lo slogan: “Non votare un referendum inutile è un diritto di tutti i lavoratori e non.” Una linea difesa anche nel 2016 da Matteo Renzi, allora premier, che definì il referendum sulle trivelle “una bufala”. Renzi invitò apertamente gli italiani a non votare, sostenuto anche da Giorgio Napolitano, secondo cui “non andare a votare è un modo di esprimersi sull’inconsistenza dell’iniziativa.”
Nel 2011 fu invece il centrodestra di Berlusconi a chiamare all’astensione contro i referendum su acqua pubblica, nucleare e legittimo impedimento. Il Cavaliere definì i quesiti “inutili e demagogici” e annunciò la sua scelta di non recarsi alle urne.
Tutti, prima o poi, hanno usato l’astensione come arma politica. E oggi il centrodestra — Fratelli d’Italia, Lega e Forza Italia — la ripropone per ostacolare il successo dei referendum della Cgil. Obiettivo: non raggiungere il quorum del 50% più uno, cioè circa 25,9 milioni di votanti, soglia necessaria per la validità della consultazione.
Una sfida difficile, anche per la natura tecnica dei quesiti. Ma che rischia di trasformarsi nell’ennesimo terreno di scontro ideologico. Elly Schlein ha attaccato duramente la premier: “Giorgia Meloni dovrebbe vergognarsi” per essersi presentata al seggio senza ritirare le schede, gesto che molti hanno interpretato come un invito implicito all’astensione.
In attesa dei risultati, è chiaro che, ancora una volta, il referendum non è solo uno strumento democratico, ma anche un campo minato di strategie, retorica e memoria corta.