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Trentino

Un lupo nel giardino: l’Italia che si sveglia solo quando è troppo tardi

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Il cagnolino sbranato dal lupo
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Un lupo che piomba in giardino, azzanna un cane a pochi metri da casa e scompare nel buio con il suo bottino. Non è una favola nera né una leggenda alpina, ma la tragica realtà vissuta mercoledì sera dalla famiglia Guerrato a Presson, in Val di Sole. Di Pepe, uno Schnauzer di tre anni e mezzo, restano solo il collare e qualche macabro frammento, rinvenuti il mattino dopo a duecento metri dall’abitazione. Il lupo? Sparito. Come sempre. E l’Italia? Dorme. Come sempre.

Andrea Guerrato, il padrone di Pepe, ha raccontato l’episodio su Facebook, in un post che è un grido disperato e indignato. “A 20 metri da casa, nel giardino di casa, un lupo in totale tranquillità ha attaccato Pepe e se l’è portato via. Io, in totale incoscienza, gli sono corso incontro urlando nel tentativo di dissuaderlo, ma lui, tra le lamentele strazianti del mio cane, l’ha portato con sé nel bosco”. Un’immagine agghiacciante, degna di un film dell’orrore, ma accaduta nella quotidianità di un tranquillo paese trentino.

Non siamo in alta quota, non in un rifugio sperduto tra le vette, ma a pochi passi dal centro abitato, in una casa che confina sì con il bosco, ma che è pienamente inserita nel tessuto urbano. Eppure, la normalità di una serata di primavera si è trasformata in tragedia. “Non viviamo a duemila metri d’altezza. Siamo in paese. Non voglio creare polemiche, voglio solo raccontare com’è vivere qui, in certe condizioni”, dice Andrea. Ma la polemica, volente o nolente, è inevitabile. Perché questa non è solo la storia di un cane sbranato. È la storia di un Paese che ha smesso di proteggere i suoi cittadini in nome di un’ideologia naturalista fine a sé stessa.



Nel buio, illuminato solo dal faro automatico del giardino, Andrea ha visto il lupo afferrare il suo cane. “Appena ho sentito Pepe guaire, mi sono spostato e con la luce l’ho visto. Sono corso istintivamente, ma il lupo è sparito con Pepe tra i denti”. Scene che dovrebbero appartenere a un documentario sulla fauna selvatica, non alla vita quotidiana di una famiglia con figli.

La Forestale è intervenuta con tempestività e professionalità, cercando nella notte segni del cane sfortunato. Ma solo all’alba, con la luce del giorno, sono stati trovati i resti. “Ci hanno riportato il collare”. Un simbolo di quello che resta: la desolazione, la rabbia, la paura.

Una paura che cresce e si fa concreta quando Andrea racconta che solo la sera prima, nello stesso giardino, giocavano cinque bambini di dodici anni. “Ho i brividi al solo pensiero. I miei figli sono tristi, fanno fatica a capire il perché e francamente faccio fatica anche io. Mi sento impotente, incapace di dare sicurezza alla mia famiglia, a casa mia”. Parole che dovrebbero scuotere le coscienze, ma che probabilmente cadranno nel vuoto, come troppe volte accade.

Perché in Italia ci si indigna a comando, si protesta a corrente alternata. E quando a morire è un cane, per mano (o meglio, per zanna) di un lupo, tutto viene derubricato a “evento naturale”. “Francamente credo che quello che è successo ieri sera sia surreale, penso che si stia perdendo il senso della realtà. La vita di un animale domestico non è nemmeno paragonabile alla vita umana, e se nulla è stato fatto per la morte del povero Andrea, sono sconsolatamente certo che la morte di Pepe non scandalizzerà nessuno e non porterà a nessun tipo di conseguenza”, conclude Andrea.

Ecco il dramma: l’apatia istituzionale, la rassegnazione sociale, la totale assenza di un dibattito serio e concreto sulla convivenza tra uomo e fauna selvatica. Si continua a inseguire l’utopia di una natura incontaminata, mentre la realtà bussa – o meglio, azzanna – alla porta di casa. Ma finché non sarà un bambino, una persona, a essere colpita, tutto resterà così. In silenzio. Inaccettabilmente normale.

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