Società
1966: Onore a Franca Viola, prima donna in Italia a ribellarsi alla violenza
Erano gli inizi del 1966 quando Franca Viola, siciliana di Alcamo e di umili origini, disse no.
Contro le consuetudini e il codice penale che lo imponevano, Franca a 17 anni (nasce nel 1948) rifiutò il matrimonio riparatore dopo la violenza. Vinse e cambiò l’Italia.
Fu la prima donna di questo Paese, per di più in Sicilia, a dire di no alla “paciata”, la pacificazione fra famiglie, e al matrimonio a cui erano costrette le donne che avevano subito uno stupro.
53 anni fa, il 26 dicembre 1965, alle nove del mattino, Franca Viola viene rapita ad Alcamo, in provincia di Trapani.
Rimane segregata per otto giorni, seviziata e dileggiata da colui che la vuole in sposa: per smania di possesso, per questioni di faida con la famiglia di lei, perché a quel tempo si può.
Perché nel 1965 la donna è ancora considerata un bene di scambio nel mercato matrimoniale; un mercato ancora aperto e, soprattutto, socialmente accettato.
Lei si è già promessa a Giuseppe Ruisi, un coetaneo amico di famiglia. Filippo Melodia però non si rassegna e con altri dodici della sua banda irrompe in casa e la porta via con la forza assieme al fratellino Mariano di 8 anni.
Li rinchiudono in un casolare in campagna. Dopo due giorni lasciano andare il bambino, dopo una settimana portano Franca, “disonorata”, a casa della sorella di Melodia, in paese.
La legge diceva, allora, all’articolo 544 del codice penale, che l’unione legale avrebbe estinto il reato di sequestro di persona e violenza carnale. E se il reato era estinto per la legge, per la società del tempo l’onore era riparato.
A metà dicembre del 1966, undici mesi dopo il rapimento, il processo di Trapani le dà però ragione.
Il giudice Giovanni Albeggiani condanna il rapitore e i complici. Diviene un caso nazionale.
Per Filippo Melodia il pubblico ministero chiede 22 anni. Diciassette i capi d’imputazione, tra cui il ratto a scopo di libidine.
La difesa tenta di screditare la ragazza, sostiene che era consenziente alla fuga d’amore. E punta sul riconoscimento del rapimento, certo, ma per scopo di matrimonio.
Su questa distinzione si baserà gran parte del processo e la sentenza da cui tutta la Nazione si aspetta ampie ripercussioni.
Dopo sette ore di camera di consiglio, Melodia viene condannato a 11 anni. Gli vengono imputati la violenza carnale, la violenza privata, le lesioni, le minacce e il ratto a scopo di matrimonio. La decisione è storica.
Il rapitore aspirante fidanzato viene scarcerato nel 1976 e, narrano le cronache, rimane ucciso da ignoti il 13 aprile 1978, nei dintorni di Modena, con un colpo di lupara.
La storia della Viola, 71 anni il prossimo 9 gennaio, è di fatto lo spartiacque tra la storia di due Italie: quella di oggi, l’Italia delle donne che possono scegliere, e quella precedente al ’66, figlia del Codice Rocco, che comprendeva la violenza sessuale nei “delitti contro la moralità pubblica”, tutelando non tanto la persona che la stava subendo, quanto il buon costume (considerando dunque il corpo di una donna non esattamente di sua proprietà, la sua violazione era un fatto legato alla morale sociale).
Franca Viola è ancora oggi il simbolo della crescita civile dell’Italia nel secondo dopoguerra e dell’emancipazione femminile.
Grazie al suo gesto, infatti, venne aperta la strada che portò poi, nel 1981, all’abrograzione delle norme sul delitto d’onore e sul matrimonio riparatore (anche se bisognerà aspettare fino al ’96 per vedere riconoscere lo stupro come reato) e vennero messe le basi a cambiamenti fondamentali, con il mutamento del ruolo e della percezione delle donne nella società.
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