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Infortuni sul lavoro, Trentino Alto Adige: disastro da zona rossa

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Ventiquattro infortuni mortali da inizio anno, ventiquattro vite spezzate, ventiquattro famiglie distrutte, questo il drammatico prezzo pagato per aver scelto il “cattivo lavoro”, quello che antepone il profitto alla tutela ed alla dignità di chi lavora.

Il Trentino Alto Adige, è la seconda regione per mortalità dopo la Val d’Aosta. Questa è la drammatica realtà fotografata dall’INAIL e pubblicata nel report sull’andamento degli infortuni mortali nei primi otto mesi di quest’anno.

Dieci infortuni mortali in Trentino sino al 31 agosto, altre 2 vittime sul lavoro nel mese di settembre, dodici vittime sul lavoro in Alto Adige, per un totale di 24 infortuni mortali registrati. sino ad oggi, lo stesso numero registrato in regione in tutto il 2021.



E così nella mappa dell’incidenza della mortalità sul lavoro, che indica il numero di infortuni per milione di occupati, la nostra regione finisce in “zona rossa”, quella più a rischio, quella in cui si muore di più lavorando.

I settori piùpericolosirimangono l’agricoltura, le costruzioni ed il settore boschivo, sia nella provincia di Trento che in quella di Bolzano, ed a perdere la vita sono stati, nel corso del 2022, esclusivamente uomini.

Fa riflettere questo dato, i territori con le situazioni più drammatiche per numero di vittime sul lavoro, sono territori che godono di ampia autonomia rispetto allo Stato, le due province autonome di Trento e Bolzano e la Val d’Aosta, e ciò nonostante registrano una situazione peggiore rispetto alle altre regioni.

E’ evidente che in questa delicata materia l’autonomia ha fallito, e forse è giunto il momento di ripensare e riprogrammare l’intero sistema che sta alla base della tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori della nostra regione.

Con umiltà e senso di responsabilità dobbiamo avere il coraggio di riconoscere che su questa materia lo Stato ha fatto di più di quanto non abbiano fatto le due province autonome della nostra regione, a cominciare dall’aumento degli ispettori del lavoro, cosa che non è avvenuta in regione, per finire alla sospensione e sequestro della attività considerate a grave rischio (caduta dall’alto per esempio) misure quest’ultime  attivate timidamente e molto in ritardo rispetto al resto del territorio nazionale.

Anche gli appelli, le denunce, e le proposte che sono arrivate dalle Organizzazioni Sindacali sono state ascoltate di più dal governo nazionale, che non da quello locale, tant’è che, diversamente da quanto avvenuto in regione, con il Ministero del Lavoro si è raggiunto un importante accordo in materia di sicurezza sul lavoro.

L’autonomia dei nostri territori è sempre stata un valore aggiunto, uno strumento capace di adattare e migliorare le normative alle specificità delle nostre popolazioni, ed a maggior ragione, deve continuare ad esserlo anche per una materia così importante e fondamentale come quella della tutela della vita e della salute dei lavoratori.

Sediamoci intorno ad un tavolo, analizziamo quello che ha funzionato e quello che invece non ha funzionato, copiamo le migliori pratiche che già esistono, ma facciamolo subito, senza timori e senza indugiare, perché zero morti sul lavoro è possibile, zero morti sul lavoro deve essere l’impegno di tutti, a partire dalla politica locale, da adesso in poi.

La UIL lancia un tavolo permanente ed un confronto urgente con la Provincia.

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