Economia e Finanza
Appello Confesercenti: “Negozi in pericolo ma ripartiamo tutelando i consumi”. L’intervista a Federico Tibaldo

“La situazione è già insostenibile per molti dei nostri negozi ma dobbiamo trovare delle strade per uscire”.
Il presidente di Confesercenti Alto Adige Federico Tibaldo non si nasconde dietro ad un dito ma non intende nemmeno lasciare troppo spazio allo sconforto. Agente di commercio e rappresentante istituzionale di tutte le categorie, analizza in questa intervista il difficile momento che sta vivendo il commercio calandolo in una realtà economica più ampia. Senza dimenticare che il Coronavirus sta comunque lasciando degli insegnamenti importanti.
Quanta paura c’è tra i vostri esercenti?
“Inutile nascondersi: temiamo che molte attività debbano chiudere di fronte a spese che continuano ad essere sostenute ed incasso zero. Vale per tutte le categorie. Lo tocco con mano anche nella mia: gli agenti di commercio”.
Che spese dovete sostenere?
“La gran parte di noi è in contabilità semplificata e fa fronte ai normali tributi. Vero che c’è stato uno spostamento ma chi ha liquidità e meglio che paghi. E’ sempre bello non pagare ma qui nessuno abbuona nulla e quando ci sarà da saldare il conto intero si rischia di incontrare delle difficoltà. Il che è un altro fattore di preoccupazione generale per il futuro: non è che chi non ha soldi adesso tra qualche mese ne avrà di più. Eppure le imposte torneranno a bussare alle nostre porte”.
Sarà, quindi, un effetto lungo?
“Diciamoci la verità. Una crisi così 30-40 anni fa sarebbe stata una grossa scocciatura per i negozianti ma non avrebbe portato con sé il rischio di chiusura. Il Coronavirus, invece, è arrivato in un momento in cui diverse attività erano già alla frutta e non possono farcela con 600 euro mensili. Molte Partite Iva sono nate come risposta alla mancanza di lavoro dipendente sfruttando le liberalizzazioni.
Piuttosto che fare l’impiegato di un’impresa di pulizia c’è chi ha pensato di aprire un bar guadagnando di più ma non è sempre così. Proprio le liberalizzazioni hanno ridotto le marginalità innescando un’economia diversa. Che va in ginocchio di fronte alle stasi”.
C’è poco da essere ottimisti.
“Non possiamo lasciarci prendere dallo sconforto. Io, per esempio, sono convinto che i consumi riprenderanno bene quasi immediatamente per i medi o piccoli esercizi. E’ vero che le persone non stanno guadagnando ma non stanno nemmeno spendendo tantissimo. La maggior parte delle attività, inoltre, non avrà problemi di merce o di approvvigionamento. Potrà riprendere subito a spingere. L’avviamento del motore sarà meno a singhiozzo del previsto”.
Alcune entrate, però, sono irrecuperabili.
“Questo è pacifico. Penso, magari, alle pasticcerie o alle gelaterie che perdono il periodo pasquale in modo abbastanza secco. Questo introito non ritornerà. Va detto, tuttavia, che anche la politica dovrà fare la sua parte”.
Cosa nel dettaglio?
“Interventi mirati e non a pioggia, interessi bassi nell’indebitamento come già sta facendo, massimo sostegno al consumo. Il problema vero, per tutti, sarà la liquidità. I ristoranti magari la recuperano velocemente ma vanno incentivati tutti i meccanismi che portino a circolare liquidità per tutti. Rapidamente. Dal resto dovrà crescere anche la mentalità economica e imprenditoriale di ciascuno di noi”.
In quale direzione?
“Guardare più alla patrimonializzazione. Anni fa questo era il primo obiettivo anche per motivi culturali. Oggi, grazie anche ad una società che spinge al massimo sul consumo immediato, si è innescata un’economia che vive sul flusso di cassa. Calano le marginalità e si decide di vivere in base a quello che si guadagna. Così, però, ci si espone alla domenica di pioggia, alla settimana fiacca o, appunto, ad una crisi piuttosto dura e lunga”.
Non che sia facile…
“No, non lo è affatto. Io parlo da un punto di vista generale. Ciascuna piccola attività, tuttavia, deve puntare a crearsi una base di solidità come può perché oggi la difficoltà è il Coronavirus ma domani può essere il titolare unico che si rompe una gamba. E in quel caso non arrivano gli aiuti statali.
Il tutto, però, con un equilibrio di fondo perché mi rendo conto che la patrimonializzazione non vada d’accordo con il bisogno di liquidità in circolo. Nell’immediato, quindi, si deve pensare ai liquidi ma dopo tutti insieme dobbiamo ragionare su creare strutture più pronte alle crisi”.
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