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Trentino

«Gli orsi sono pericolosi?», la parola agli esperti del Parco Adamello Brenta

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Gli orsi sono pericolosi? Questa è la domanda, a cui gli esperti del Parco Adamello Brenta cercano di dare risposta.

“L’aggressione mortale accaduta in Trentino nell’aprile del 2023 ha segnato un momento di svolta significativo aprendo a discussioni che hanno messo in dubbio il progetto di reintroduzione dell’orso, la bontà della sua condotta tecnica e le decisioni prese dai politici che si sono alternati al governo della provincia. Ad essere messo in discussione è stato anche il nostro rapporto con la natura, con il selvatico.

I fatti dell’aprile del 2023 hanno risvegliato, forse tardivamente, coscienze e discussioni, rendendo di grande attualità l’individuazione di misure gestionali più cautelative per l’uomo nel rispetto secondario della conservazione della popolazione di orsi frutto della reintroduzione. Non sono mancate le strumentalizzazioni politiche e le falsità cristalline.



La tempesta emotiva e mediatica ha dato voce a tutti, mettendo il parere tecnico dell’uomo della strada davanti a quello degli scienziati, il più delle volte insultati più o meno esplicitamente. E questo nonostante avessero avvertito, anche per scritto, della pericolosità dell’orso e delle possibili misure per attenuarla. Bastava leggere…” riporta una ricerca sui «Nuovi Fogli dell’orso» del Parco Adamello Brenta.

A cercare la riposta alla domanda sono Filippo Zibordi, Federica Castellani, Andrea Mustoni.

Nella ricerca si sottolinea che l’orso è sì un animale pacifico, ma rimane anche comunque un animale selvatico capace di violenza, soprattutto se sorpreso. Per questo è consigliabile fare rumore per segnalare la propria presenza , proprio per evitare situazioni di sorpresa.

Gli incontri con gli orsi in boschi alpini sono rari ma possono anche essere potenzialmente pericolosi: nessuna misura può eliminare completamente il rischio di attacchi, ma comportamenti adeguati possono ridurlo.

“La percezione pubblica del rischio connesso alla presenza dei plantigradi – che pure è un rischio reale, per quanto residuale – è oggi invece il risultato del combinato disposto tra sovraesposizione mediatica dell’orso e framing negativo indotto da un’agenda “selettiva” delle notizie costruita sul trauma collettivo e sull’allarme sociale seguiti alla morte di Andrea Papi. Una percezione amplificata che non risulta però oggettivamente sostenuta dai dati statistici disponibili in letteratura così come avviene, del resto, per altri animali definiti “killer” (Sabatier et al.,2018).

A condizionare il grado di pericolosità dei singoli individui di orso rimangono anche le caratteristiche individuali. In particolare sembrano essere di grande importanza le esperienze pregresse (apprendimento) e probabilmente la predisposizione genetica.

L’insieme di questi fattori, impossibili da valutare nell’immediatezza di un incontro, porta a fare profonde riflessioni sulla gestione degli orsi conosciuti per essere pericolosi e comunemente definiti “problematici”. Tali orsi sono rari e la loro rimozione sistematica potrebbe portare ad una diminuzione diretta del numero di esemplari pericolosi sul territorio e a interrompere quelle linee genetiche e di apprendimento madre-cucciolo che nel tempo portano ad un aumento della percentuale di individui problematici.”

Nello studio, si sottolinea anche che “la reazione principale dell’orso durante un incontro con l’uomo, mostrata nel 51,1% dei casi, è quella di allontanarsi dal luogo dell’incontro: nel 21,4% dei casi “rapidamente”, nel 29,7% lentamente.

Nel 40,6% del campione complessivo l’orso rimane invece sul posto e in un numero limitato di casi (7,5%) l’esemplare si avvicina all’uomo, con una reazione attiva (intimidazione e “falso attacco” o bluff) nello 0,8% dei casi. La distanza media di tolleranza (cioè la distanza soglia oltre la quale l’orso non sembra entrare in relazione con l’uomo) è stimata in circa 50 metri, con notevoli variazioni (10-100 m) imputabili a fattori sia ambientali che intrinseci.

Analogamente a quanto riportato da Bombieri et al., i fattori che possono aumentare il rischio di una reazione aggressiva da parte dell’orso sono: le femmine con cuccioli, soprattutto dopo il periodo di ibernazione; la presenza di cani.”

 

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