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Guerra Russia-Ucraina: tra ripercussioni, spese e futuro incerto

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Mentre l’Europa – a mio parere – si balocca nel tentativo di rimanere protagonista in commedia, pur avendo sul copione un cameo alla fine del terzo atto, e nella narrazione semplicistica del conflitto russo-ucraino in “aggressore ed aggredito”, paiono affiorare finalmente le possibili ragioni di questa improvvisa accelerazione dell’ipotesi di un armistizio tra le parti belligeranti.

Ragioni che sarebbero di natura strettamente economica e solo di sfioro in termini geopolitici. Pesa infatti il conto presentato a Zelensky dagli USA di Donald Trump per gli aiuti ricevuti, 300 miliardi di dollari, tra aiuti militari, forniture, aiuti alimentari e prestiti in pecunia.






Una cifra mostruosa che, secondo il Telegraph gli Usa con il preaccordo le 7 febbraio 2025 “prendere o lasciare” mira a recuperare con gli interessi, imponendo una cessione per 500 miliardi di dollari in diritti di sfruttamento minerario ed energetico, controllo di infrastrutture industriali e portuali oltre che una sorta di “fifty-fifty” per le royalties residue concesse dallo stato ucraino a terzi.

Un affare, che la dice lunga sul fiuto di Trump per gli affari, e un conto evidentemente  presentato al momento opportuno e cioè prima che la superpotenza russa fagociti l’Ucraina e renda impossibile ogni restituzione.

Già, perché ad onta di quanto narrato dai media europei, le questioni belliche per l’Ucraina non andrebbero affatto bene, come era prevedibile attendersi in un conflitto dove le forze in campo sono fortemente squilibrate a favore di Mosca. E ciò nonostante anche la mole di “aiuti”  europei, le cui cifre non sono pubbliche – alla faccia della trasparenza – ma che si stimano in circa 360 miliardi di Euro, di cui solo una novantina di provenienza fondi esclusivamente UE.

Un fiume di danaro (nostro) che da un lato non è servito a salvare l’Ucraina di Zelensky e che ha dimostrato che la Russia ha basi assai più solide di quelle stimate dai vari autocrati europei, convinti che le sanzioni avrebbero sbriciolato l’ economia russa.

Dunque la soluzione del “giallo” Ucraina potrebbe vedere l’acquisizione da parte di Mosca delle province russofone del Donesk-Lugannsk e del Donbass, la conferma dell’ acquisizione della Crimea e la sottoposizione del resto dell’Ucraina ad un protettorato economico USA.

Uno scenario ampiamente peggiore di quanto l’Ucraina avrebbe potuto conservare in termini di territorio e sovranità anche economica se avesse rispettato gli accordi di Minsk del 2014 e 2015 sull’ autonomia delle provincie russofone e di cui l’ amministrazione Zelensky dovrà dare conto ai suoi concittadini, decimati  ed impoveriti all’ inverosimile da una guerra inutile ed ampiamente a suo tempo evitabile.

E l’Europa? Nonostante il vertice ristretto di ieri a Parigi, forse per tentare di proteggere il suo “investimento”, rimarrà molto probabilmente con i mano i cocci del conflitto – gli oneri della ricostruzione già assunti- e con le sue velleitarie idee di principio e, verosimilmente, tornerà a quello che sa fare meglio, cioè legiferare sul green e sul diametro minimo delle vongole.

A cura di Stefano Sforzellini



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