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I diritti negati di un padre separato di lingua italiana in Alto Adige: la storia del Dottor Costantino Gallo

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L’appuntamento era per la mattina di lunedì 25 febbraio davanti al tribunale di Bolzano per l’udienza che ha visto protagonista un medico separato residente a Padova, padre di due bambini che vivono in Alto Adige con la mamma e hanno frequentato, a fasi alterne, istituti scolastici di lingua italiana ma anche di lingua tedesca.

Presenti anche molti dei rappresentanti del MoVimento 5 Stelle bolzanino e veneto per “un sostegno civile e morale a chi conduce le battaglie per il proprio diritto di genitore a ricevere informazioni e comunicazioni che riguardano i propri figli, dalla scuola alla Sanità, nella propria lingua madre. Ma non solo. Anche per ottenere il diritto di compartecipare alle decisioni sull’accompagnamento dei figli minori da parte di terze persone, che necessita l’autorizzazione sia della mamma che del papà“, ha sottolineato anche il probabile futuro candidato pentastellato all’Europarlamento Fabrizio Pollinzi.

E il caso di Costantino Gallo, direttore dell’UOSD Progetti e Ricerca clinica dell’Azienda ospedaliera Università di Padova, è emblematico delle difficoltà che un padre separato residente fuori dal capoluogo deve affrontare nella “lotta” contro gli istituti scolastici altoatesini e con la Asl locale per l’ottenimento del rispetto, da una parte, del principio della bigenitorialità e dall’altra del bilinguismo nella documentazione (istituzionale e non), “senza riuscire ad ottenere un’interlocuzione soddisfacente o costruttiva con le dirigenze della Provincia autonoma di Bolzano”.



Sono due dunque gli ordini di problemi di rilevanza non trascurabile per il dottor Gallo, ma anche per tutti coloro che si trovano in situazioni simili: la consegna o l’affidamento dei figli in ambito extrascolastico a terze persone non autorizzate e la battaglia per l’ottenimento anche di semplici cartelle cliniche o pagelle in lingua Italiana, combattuta a suon di decine di email e telefonate alle quali viene risposto che “la traduzione non è realizzabile per un problema di costi”.

L’obiettivo è quello di cercare di sanare, per l’ennesima volta, l’abuso ricevuto dalla Provincia di Bolzano o meglio dagli Enti, dalle scuole di lingua italiana e tedesca alla Asl – dice Gallo – . Parlo della consegna di documenti che sono dovuti per la legge 54/2006 sulla bigenitorialità e che ad oggi faccio fatica ad ottenere”.

E la saga, iniziata sei anni fa, nel 2013, non sembra avere una fine. Dal 2014 poi, in seguito all’inasprimento di alcuni contenziosi con la ex moglie, anche lei medico, al dottor Gallo era stata negata la possibilità di seguire l’educazione dei figli, allora entrambi iscritti a una scuola di lingua tedesca che, come da prassi pare consolidata trasmette tutte le circolari, pagelle comprese, esclusivamente nella lingua del “Walther”.

Un idioma purtroppo sconosciuto al medico di origine molisana naturalizzato padovano che più volte e senza successo ha richiesto la relativa traduzione italiana.

Gallo, assistito dall’avvocato Martina Botton, aveva già provveduto a denunciare alle autorità competenti i funzionari delle scuole dei figli e il presidente della Provincia autonoma di Bolzano.

Dal Landeshauptmann il dirigente medico ha ottenuto una sola risposta: per avere la possibilità di leggere i documenti si sarebbe dovuto rassegnare ad imparare il tedesco. Nulla invece la risposta da parte dell’allora vice presidente Christian Tommasini, piuttosto deludente quella della direzione generale del Ministero dell’Istruzione, dichiaratasi “non competente giuridicamente e territorialmente”.

Come già riportato da alcuni articoli di quotidiani del Veneto che hanno raccontato l’annosa vicenda, anche la decisione di iscrivere i bambini in una scuola tedesca a parere della mamma “per l’oggettivo vantaggio nella preparazione della certificazione per l’accesso a concorsi pubblici” non ha convinto i giudici del Tribunale di Padova i quali, nella successiva sentenza che obbliga all’iscrizione di entrambi i bimbi ad una scuola di lingua italiana, sottolineano che 

tale assunto, il quale porterebbe ad affermare l’esistenza di una discriminazione tra cittadini italiani e quelli che si formano in scuole di madrelingua tedesca, non può giustificare la scelta della scuola tedesca sotto il profilo della discriminazione del genitore che non è di lingua tedesca nell’accesso alle istituzioni scolastiche e dunque al percorso formativo del figlio”.

La sensazione – conclude Gallo – è che ci si trovi di fronte a una tutela ottusa e ad oltranza dell’arbitrarietà con la quale la Provincia gestisce l’autonomia linguistica, ovvero che nelle scuole di lingua tedesca la lingua italiana deve essere trattata come lingua straniera e così anche i genitori che hanno la sfortuna di averla come lingua madre”.

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