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Luca Frigo # 93: l’uomo dai gol che pesano nei momenti che contano

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Foto HCB/Vanna Antonello
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Luca Frigo, attaccante nato a Moncalieri il 30 maggio 1993, beniamino del Palaonda, uomo dai gol che pesano nei momenti che contano. La prima considerazione va ai tifosi biancorossi perché Luca è una importante pedina della nazionale italiana che dalla stagione 2016/17 rafforza il Bolzano.

La seconda considerazione non può che essere più ampia e riguarda lo stato di crisi dell’hockey nazionale. Tutti sanno che nello sport l’abilità cresce quando ci si confronta con avversari più forti dai quali si impara. Proviamo solo a immaginare che livelli avrebbero raggiunto Lucio Topatigh o Gino Pasqualotto se fossero nati in Canada.

Purtroppo in Italia la Serie A è scomparsa e così pure l’hockey di un certo livello da Piemonte e Lombardia. C’è quindi preoccupazione per il futuro di un movimento che non vorrebbe perdere una parte importante del paese e per la nostra Nazionale che rischia un domani di non disporre più di chi sostituirà in futuro giocatori come Luca Frigo, Tommaso Traversa e Giovanni Morini. Per il nostro sport purtroppo non sono prospettive rosee e questa tendenza andrebbe invertita quanto prima con la massima urgenza.

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Chiediamo allora a Luca quale è la situazione dell’hockey in Piemonte e in generale nel nord ovest del Paese. Che possibilità di rinascita ha il nostro amato sport, quanto potremo vedere una squadra competitiva a Torino o almeno riabbracciare il grande pubblico di Milano e Varese?

La situazione generale dell’hockey in Italia va piuttosto male, c’è un arretramento, soprattutto nel nord ovest dove fino a 5 o 6 anni fa c’erano ancora le squadre senior del Valpe e del Milano. Questo declino ha conseguenze sui giocatori delle giovanili, anche quelli del mio Valpe, che non hanno possibilità di giocare a livelli accettabili, e rende quindi più difficile affermarsi anche da altre parti. Di sicuro se vogliamo portare l’hochey italiano ai livelli che gli competono dobbiamo puntare sui settori giovanili. A Torino per es. ci sarebbe tutto perché c’è lo stadio ma purtroppo ad oggi mancano gli investimenti. Detto questo io spero che l’hockey italiano non perda il treno delle prossime olimpiadi perché è una grande e irrinunciabile occasione. 

Come ti sei avvicinato all’hockey? 

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Sono nato a Moncalieri ma poi mi sono trasferito a Luserna San Giovanni in Val Pellice. Mio papà era un appassionato di hockey che guardava le partite e anche un giocatore amatoriale. Quando avevo 4 anni ho messo i pattini per la prima volta e poi sono passato all’hockey crescendo nel Valpelicce.

Luca Frigo per i bolzanini significa anche il ricordo della grande vittoria del 20 aprile 2018 in gara 7 a Salisburgo. Mancava pochissimo alla conquista del titolo e in TV prima rimarcavano che eri sul ghiaccio da tantissimo, un’eternità nell’hockey quei minuti senza cambiare, e poi mostravano le tue lacrime di gioia dopo il fischio finale. Cosa ricordi di quei momenti?

Mi ricordo tutto come se fosse ieri, l’allenatore aveva messo la quarta linea e si cercava di contenere la loro offensiva. Il Salisburgo aveva tolto il portiere per disporre di un attaccante in più giocando il tutto per tutto con la forza della disperazione chiudendoci nella nostra metà campo. Io difendevo alla nostra sinistra e a differenza dei compagni saltavo i cambi perché ero troppo lontano dalla panchina che stava dalla parte destra del campo. La loro pressione era notevole come era incredibile il tifo dei nostri supporter che ci sostenevano a squarciagola dalla curva alle nostre spalle. In quel momento non saprei dire come mi sentivo perché ero in trance agonistica, ma quando è finita volavano guantoni e caschi e siamo corsi ad abbracciarci tutti sotto la curva dei nostri tifosi.  Ma ricordo bene che faticavo perfino a respirare per lo sforzo prolungato: non capita spesso!

Come insegna Zlatan Ibrahimovic nello sport non ci sono alternative: “o mangi o vieni mangiato!” Noi rischiammo in quegli ultimi minuti di venire mangiati nonostante la tranquillità data dal tuo gol del tre a zero che sembrava aver chiuso già nel secondo tempo una partita comunque dominata.

Abbiamo avuto la partita in pugno per 50 minuti su 60 ma nello sport non si può mai dire. Nel finale loro non avevano nulla da perdere e hanno giocato il tutto per tutto forti anche della classe dei loro campioni e hanno riaperto la partita con il primo gol a 6 minuti dalla fine.  Dopo hanno fatto il secondo gol ma noi siamo riusciti comunque a contenerli e a portare a casa la vittoria. Una vittoria sulla quale nessuno qualche mese prima avrebbe scommesso.

Prima delle sfide decisive i tifosi incoraggiano i giocatori, Io mandai un facebook messenger a Daniel Frank, e tra l’altro mi raccomandai di dirti di attaccare e soprattutto di tirare di più. Frank rispose con una risata, ma poi te lo riferì? 

Sinceramente non mi ricordo ma quando in campo si apre una possibilità io cerco sempre di fare gol come tutti gli attaccanti e così feci il gol del tre a zero. Certo che quella era una quarta linea fantastica con Frank e Bernard, ci trovavamo bene, eravamo e siamo anche amici fuori dal campo.

Dico questo innanzitutto in ricordo del tuo gol che valse il titolo del 2017/18 e poi perché noi tifosi spesso quando ti vediamo giocare dalla tribuna ci guardiamo e diciamo “ma sai che Luca è veramente forte!”. Poi però è come se si avesse l’impressione che i gol e gli assist siano leggermente meno di quello che meriteresti in rapporto all’altruismo e al grande lavoro per la squadra che fai.  E’ solo una nostra impressione?

E’ una domanda difficile alla quale rispondere. Quando entro sul ghiaccio io punto alla vittoria della squadra prima di tutto, e nell’economia di una squadra fare un gol o evitarlo ha la stessa importanza e non bisogna mai scordare che dobbiamo vincere tutti insieme come collettivo. Per questo in campo i giocatori che contribuiscono a evitare di subire un gol sono altrettanto importanti di chi li fa.

Cosa ricordi delle esperienze giovanili di giocatore in America e Svezia?

Sono stati bei momenti, una scuola importante, che mi accompagnerà per tutta la carriera. Sono andato in America nelle leghe Junior e avevo 19 anni, ho giocato a livelli discreti e ho imparato l’inglese. Mi aiutò un ex compagno di squadra canadese Alex Nikiforuk, e grazie a lui ho trovato un contatto a Omaha e ho fatto i vari provini.  In Svezia invece ero nella terza lega e anche li per un giovane è stato bellissimo ed era una mia voglia di andare via per fare esperienze e per provare qualcosa di diverso. 

Siamo vicini ai play off e sulla carta il Bolzano è la squadra favorita per titolo anche se questa è una affermazione che non andrebbero mai fatta. Li mangeremo tutti uno dopo l’altro o invece verremo noi inaspettatamente mangiati da un pesce più piccolo ma più affamato?  

Se giochiamo come abbiamo fatto fino a oggi abbiamo delle discrete possibilità ma al meglio delle 7 partite non è mai detto, ci vuole prudenza e procedere gara dopo gara sapendo che gli imprevisti sono sempre dietro l’angolo. Di sicuro se diamo le cose per scontate non si va da nessuna parte ed è pericolosissimo. Del resto quando abbiamo vinto avevamo tanta fame ma non eravamo certo noi i favoriti bensì altri.

Questo è’ il quinto anno a Bolzano, come ti trovi?

Mi trovo benissimo come il primo anno, con i compagni, con vari giocatori che conoscevo già dalla nazionale e ho anche amici fuori dal ghiaccio che è una cosa molto importante. Io vorrei rimanere qua ma non dipende ovviamente solo da me. A Bolzano ho trovato anche la mia fidanzata che si Katharina che è di Caldaro. 

Ti auguriamo allora di fermarti a lungo mentre qualcosa ci dice che arriveranno altri gol importanti.

Per i gol ci proverò e permettimi di salutare con affetto tutto il nostro pubblico del Palaonda e in particolare i ragazzi della curva che ci mancano tanto. 

L’intervista sportiva per La Voce di Bolzano è di Dario Saracino.

Foto HCB/Vanna Antonello

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