Italia & Estero
Risarcimento migranti: non uno scandalo, ma una prosecuzione dell’ opposizione politica in corso al governo scelto dagli italiani
Un vecchio adagio dell’ avvocatura recita che le sentenze non si commentano, si impugnano. Ma in questo caso le cose che non convincono per nulla sono molte, anzi, troppe
Quando però le sentenze sono definitive perchè provengono dalla Cassazione, qualche considerazione critica la si può ben fare, ovviamente dopo averla letta ( qui QUI LINK PDF ), senza che alcuno di lor signori si consideri insultato per ciò.
La prima riguarda il fatto storico, trattenimento dei clandestini su una nave della Marina Militare per alcuni giorni impedendone lo sbarco su suolo italiano, è avvenuto mentre si consumava lo scontro non altrimenti qualificabile che politico con l’ UE sulla richiesta italiana di redistribuire gli ingressi illegali, anche e soprattutto in considerazione dell’ inadempienza internazionale di Malta.
Presupposto considerato di striscio – la Cassazione non si occupa di questioni di fatto -, allorquando si disquisisce se la decisione del Ministro del “trattenere” rientri nell’ atto politico o nell’ atto amministrativo. Con motivazione assai arzigogolata sul punto, dunque ampiamente criticabile, si è deciso che tale decisione rientrava non nell’ atto politico, ma nell’ atto amministrativo e come tale sindacabile ed impugnabile avanti alla giurisdizione. Ma quale giurisdizione?
La Corte ha stabilito anche che, ritenendo erroneamente assente una precisa eccezione sul punto, si debba confermare quella adita, e cioè la civile, in luogo di quella amministrativa, trascurando il fatto che le Amministrazioni statali avevano sempre eccepito la carenza di una qualunque giurisdizione, trattandosi di atto politico.
E soprattutto trascurando il fatto che la carenza di giurisdizione nella specie anche civile, trattandosi di controversia tra pubbliche amministrazioni e privati, è comunque rilevabile d’ ufficio, questione non rilevata in primo e secondo grado, perchè assorbita nell’ esito favorevole al Governo, ma non certamente sanata e che doveva essere decisa nel senso di una inammissibilità del ricorso presentato dal clandestino.
Nel merito poi la Corte elenca le specifiche fonti normative in base alle quali lo Stato Italiano doveva stabilire il punto di sbarco “ senza ritardo” pur continuando a sorvolare sul fatto che la nave Diciotti era intervenuta in acque SAR maltesi in luogo di quel paese, notoriamente refrattario ad intervenire.
L’ elenco fatto dalla Corte è dettagliato ed è proprio in base a tale normativa – a mio dire farraginosa, largamente da interpretare ed opinabile, dato che di fatto vale solo per l’ Italia e non per altri paesi – che mezzo mondo “benpensante” ci sta riempiendo di disperati o sedicenti tali. Ma soprattutto non convince, perchè parte da un’ analisi normativa disomogenea non sempre automaticamente applicabile, come invece si pretende.
Non convince neanche il postulato della libertà personale inviolabile applicato a chi tenta di introdursi illegalmente nel nostro Paese – il diritto di entrare, oltretutto da libero come l’ aria- specie se il trattenimento era svolto, come nel caso di specie, nella fase di contesa tra l’ Italia e Malta, dunque prima delle procedure di identificazione e richiesta di eventuale asilo, fase transitoria questa non regolata da alcuna norma. Diritto che peraltro non è riconosciuto in nessuna parte del mondo.
Ma l’ ordinanza, in tutte le sue ombre, ha anche una portata storica per noi che garbatamente dissentiamo.
Se secondo la Corte il diritto alla libertà personale di chiunque sbarchi in Italia in qualunque modo prevale su ogni altro diritto collettivo alla sicurezza, all’ ordine pubblico, sanitario e quant’ altro e la sua lesione comporta il risarcimento del danno morale, questo orientamento deve valere anche per le nostre libertà soppresse in pandemia Covid da DPCM, ordinanze e decreti ministeriali vari che le sinistre ed i “migliori” di turno ci hanno propinato e fatto digerire a forza, considerato che quegli atti, tipicamente amministrativi, vengono tutt’ ora spacciati anche dalla giurisprudenza per “atti a scopo politico”, grimaldello questo per escludere ricorsi e risarcimenti.
Vedremo dunque se una volta tanto si metteranno da parte i due pesi e le due misure, a meno che non si dica esplicitamente che l’ italiano ha meno diritti del clandestino e che debba solo tacere, pagare le tasse e votare “bene”.
a cura di Stefano Sforzellini
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