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L’impertinente

Sanità: il diritto creativo dell’Alto Adige e lo strano caso della nota verbale

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I requisiti di accesso alle professioni sanitarie sono regolate, anche in Alto Adige, dalla legge nazionale (così dispone la norma di attuazione in materia di igiene e sanità di cui al DPR 28 marzo 1975, n. 474).

In sostanza è la legge nazionale che stabilisce le condizioni per poter lavorare come medico all’interno di strutture ospedaliere del Servizio Sanitario Nazionale.

Ed è proprio la legge nazionale (che dal 1998 prevedeva il possesso della specializzazione per accedere all’ assunzione nel Servizio Sanitario Nazionale) a stabilire oggi, dopo le modifiche introdotte con l’ultima finanziaria, quale criterio d’accesso alla professione medica, la frequenza, quantomeno, dell’ultimo anno di scuola di specializzazione.



Perché solo dall’ultimo anno di scuola di specializzazione si può essere assunti in un ospedale e non prima? Perché per “lavorare” con la salute delle persone, è necessario non soltanto aver conseguito una laurea, ma anche aver iniziato un percorso formativo (scuola di specializzazione) che consenta al giovane neolaureato di maturare quel bagaglio di esperienza, competenza, abilità, buone pratiche che ci si aspetta di trovare nel medico che ti ha in cura all’interno di una struttura sanitaria, piccola o grande che sia.

In Alto Adige, invece, potranno essere assunti come medici giovani laureati sin dal primo anno di specializzazione.

Ma come è possibile derogare alla legge nazionale in una materia così delicata (dove le stesse norme di attuazione dello Statuto di Autonomia prevedono la competenza statale e non provinciale)?

E qui viene il capolavoro giuridico.

Partendo dal presupposto che tanti giovani sudtirolesi si laureano presso università austriache e che, più che legittimamente, questi ragazzi, dopo la laurea, vorrebbero poter frequentare la scuola di specializzazione in Alto Adige, tra il dicembre del 2016 ed il gennaio del 2017 tra Austria ed Italia venne siglata una nota verbale che avrebbe consentito a tanti giovani neo laureati d’oltralpe di svolgere la loro “formazione medico-specialistica” presso “strutture dell’Azienda Sanitaria dell’Alto Adige”.

Misura più che apprezzabile, ovviamente.

Solo che la nota verbale, pur non dicendo nulla di diverso rispetto a quanto in essa contenuto, è stata indicata dai nostri amministratori come la fonte giuridica che consente all’Alto Adige di derogare alle norme nazionali sull’accesso alla professione medica.

Oggi quindi si invoca la suddetta nota verbale proprio per giustificare l’assunzione all’interno dell’Azienda Sanitaria dell’Alto Adige di questi specializzandi, i quali pur non avendo raggiunto l’ultimo anno di scuola di specializzazione (requisito richiesto per gli specializzandi “italiani”) potranno lavorare all’interno dei nostri ospedali ed occuparsi della nostra salute.

Ma non solo: al contrario di tutti i dipendenti pubblici che devono partecipare ad un concorso per essere assunti, questi giovani specializzandi verranno “scelti” direttamente dal primario, arrivando a percepire importi raddoppiati rispetto ai giovani medici che accedono alle specializzazioni nel resto d’Italia (rischiando, tuttavia, di non vedersi riconosciuto a fine percorso alcun titolo di specialista dal Ministero della Salute in quanto l’intero periodo della specialità sarà escluso dall’ iter formativo).

Il tutto in base alla più volte menzionata nota verbale. Beh, non c’è che dire, per quanto riguarda il diritto, in Alto Adige la creatività non manca.

Il contributo per La Voce di Bolzano è dell’avvocato Luca Crisafulli, del foro di Bolzano.

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