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Strage Mottarone: tre fermi. “Sapevano del guasto”. Manomissioni al sistema di frenaggio

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Ci sono tre fermati nell’ambito dell’indagine sulla tragedia della funivia Stresa Mottarone che il 23 maggio ha causato 14 morti, tra cui due bambini. A tre giorni di distanza la svolta dopo una notte di interrogatori serrati ai dipendenti e tecnici dell’impianto. E dalle dichiarazioni rese, spunta l’errore umano. La misura nei confronti di un ingegnere, del direttore del servizio e del capo operativo del servizio è stata disposta dal Procuratore di Verbania Olimpia Bossi che con il pm Laura Carrera coordinano le indagini dei carabinieri. Tra i convocati anche il proprietario della società ‘Ferrovie del Mottarone’, il 56enne Luigi Nerini, che si è presentato con il suo legale difensore, Pasquale Pantano.

L’analisi dei reperti ha dimostrato che il sistema di frenaggio della cabina precipitata presentava manomissioni. Non era infatti stato rimosso il divaricatore che separa le ganasce di blocco del cavo portante in caso di rottura della fune trainante. Si tratterebbe di un’operazione consapevole, attuata per evitare disservizi in quanto nelle settimane precedenti il disastro la struttura avrebbe presentato delle anomalie nel funzionamento. I tre fermati erano quindi da tempo a conoscenza del guasto al sistema frenante di sicurezza.

Nemmeno l’intervento del 3 maggio scorso era stato risolutivo, per cui i responsabili avevano optato per la soluzione di rischio, escludendo che il cavo avrebbe potuto cedere. Ora al vaglio degli inquirenti ci sarebbe anche la posizione di altri soggetti coinvolti nella vicenda. Nei confronti dei fermati pendono ora accuse gravissime: omicidio colposo plurimo, disastro colposo e rimozione degli strumenti atti a prevenire gli infortuni, il tutto aggravato dal disastro e dalle lesioni gravissime. Secondo la Procura piemontese si tratta di “persone che avevano dal punto di vista giuridico ed economico, la possibilità di intervenire. Coloro che prendevano le decisioni“.



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