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Benessere e Salute

L’Autunno e quella dolce indolente naturale Pigrizia

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Cambia la stagione, c’è chi lo vive in modo negativo: è la fine dell’estate, basta ciabatte e braghe corte, tocca tornare a pensare e dedicarsi a cose più serie, la scuola, gli impegni di lavoro, gli allenamenti sportivi, ecc.. e c’è chi invece lo vive in modo positivo: fine del gran caldo, temperature decenti, si possono spegnere i condizionatori, si lavora più serenamente, le giornate ancora belle ma più corte, la frenesia estiva se ne va’ e si può oziare più a lungo.

Ci prende una certa pigrizia di cui vorremmo incolpare l’inclinazione dell’asse terrestre, ed invece è innata in noi, consolidata in millenni di pratica di conservazione della specie. E’ il nostro cervello che ci invita ad evitare di sprecare energie e cercare di conservare quelle residue per le cose più importanti. Lo ha rivelato la rivista Neuropsychologia pubblicando una ricerca condotto dalle Università della British Columbia e di Ginevra.



Le gambe vorrebbero uscire a fare jogging, mentre il cervello ci bisbiglia di restare comodamente a casa a controllare che il divano non si senta troppo solo. Un “duello” condotto tutto all’interno delle nostre meningi, che cercheranno di far vincere la posizione “pigrizia in corso”. Mathieu Bisgontier, uno dei relatori della ricerca spiega “La conservazione dell’energia è stata essenziale per la sopravvivenza dell’uomo, il fallimento delle politiche pubbliche per contrastare la pandemia dell’inattività fisica è dovuto a processi cerebrali che sono stati sviluppati attraverso l’evoluzione“.

Il cosiddetto “paradosso dell’esercizio” trova così una spiegazione razionale. Per anni si sono incoraggiate le persone ad essere più fisicamente attive, ma le statistiche mostrano che c’è una fase di recessione. La sedentarietà sta prendendo il sopravvento, rispetto alla ricerca di consumare energie, sudando su strada, pista o palestra.

Lo studio ha coinvolto 29 giovani adulti, che posti di fronte al dilemma attività fisica o inattività, dovevano fare alcune operazioni su un terminale, mentre le loro operazioni cerebrali venivano registrate tramite elettrodi. Il risultato è stato che, pur privilegiando la parte di attività, il cervello dei “pazienti” faceva registrare una resistenza per cercare di favorire l’inattività, questa scontro interiore comportava un’extra attività cerebrale, mentre il corpo restava statico.

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