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Caso tangenti Nigeria: assolti manager Eni e Shell perché il fatto non sussiste

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Tutti assolti perché il fatto non sussiste. Così si è chiuso il caso sull’acquisizione della licenza petrolifera Opl245, un ricchissimo giacimento al largo delle coste nigeriane costate in tutto 1,3 miliardi di dollari e pagata da Eni e Shell al Governo Nigeriano.

Dunque, secondo i giudici del Tribunale penale di Milano non ci fu corruzione, chiudendo il processo di primo grado a carico di 15 imputati nell’affare Eni-Nigeria, tra cui tre manager di Eni: l’amministratore Delegato, Claudio Descalzi e il predecessore, Paolo Scaroni. La sentenza di assoluzione smonta così l’accusa del procuratore aggiunto Fabio De Pasquale e del PM, Sergio Spadaro.

Nel costo totale dell’operazione, la pubblica accusa, aveva puntato l’attenzione sul rischio di tangente in un particolare passaggio di danaro pari ad 1 miliardo e 92 due milioni, quasi il valore dell’intera commessa, che se provata, sarebbe stata la più grossa corruzione internazionale nella storia italiana.



Somma versata da Eni su un conto a Londra del Governo Nigeriano e da li, sarebbe poi slittata in alcune società riferibili all’ex Ministro del Petrolio della Nigeria e a diversi Pubblici ufficiali. Una parte di questa somma, sarebbe poi tornata ai manager delle due compagnie petrolifere.

Un’accusa però assolta dalla sentenza, così come assolto anche l’ex responsabile dell’eni nell’Afria Sub-sahriana che in questo processo oltre a quello di imputato, ha ricoperto anche quello di accusatore, raccontando della retrocessione del denaro e di alcune mazzette.

Alla sentenza di assoluzione da parte dei giudici, l’avvocato, Paola Severino plaude alla decisione: “ Finalmente a Claudio Descalzi è stata restituita la sua reputazione professionale e ad Eni il suo ruolo di grande azienda”.

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