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Aggressione nel supermercato in Via Resia, Galateo: “Bolzano non è Gomorra, e non lo deve diventare”

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“Nel quartiere Don Bosco abbiamo a che fare con una baby gang composta da 15-20 ragazzi, la realtà è che se fossero maggiorenni sarebbe una vera e propria associazione a delinquere.”

Forte la presa di posizione di Fratelli d’Italia sull’aggressione avvenuta ieri ai danni di un minorenne all’interno di un supermercato in via Resia, che afferma tramite le parole del portavoce locale Marco Galateo: “Questi ragazzi organizzano, pianificano e mettono in pratica tutta una serie di reati contro la persona, il patrimonio e la sicurezza pubblica. C’è già stata un’aggressione ad un medico in via Palermo, diversi furti a danno di negozi nel quartiere che stanno mettendo in seria difficoltà i residenti del quartiere. In Piazza Anita Pichler i residenti continuano a chiedere l’intervento delle Forze dell’Ordine, che però quando arrivano non riescono mai a cogliere in flagranza di reato i ragazzi. Intere famiglie stanno provando a vendere l’appartamento pur di riuscire ad andarsene da lì.

“Bolzano non è Gomorra, ma non lo deve neanche diventare. I ragazzi nel quartiere sono tutti conosciuti,  molti abitano in appartamenti dell’IPES, alcuni  nelle case demaniali dell’Esercito in via Resia; qui c’è un problema sociale profondo nella nostra società, non si tratta di una ‘banale’ aggressione giovanile come probabilmente il personale del Supermercato ha pensato. 



La madre del giovane ragazzo aggredito sottolinea come nessuno degli adulti presenti all’aggressione sia intervenuto nonostante le richieste del figlio. D’altro canto però ci sono (purtroppo) delle ‘ragioni’ giuridiche che si fondano sul nostro Ordinamento di giustizia che andrebbe riformato a livello nazionale: per l’ordinamento italiano sugli atti giudiziari compaiono nomi, cognomi e indirizzi di residenza degli intervenuti, quindi anche delle vittime e dei testimoni che finiscono nelle mani degli aggressori.

Questa realtà fa sì che i testimoni siano disincentivati a farsi parte attiva in una aggressione ed è sbagliato. Visto che in questo caso gli aggressori hanno già dimostrato di non avere nessuna remora sociale, facendo letteralmente quello che vogliono, diventa difficile per qualcuno decidere di intromettersi per poi rischiare successivamente”.

“In questi ultimi tempi abbiamo visto come i quartieri popolari della città siano sempre più oggetto di atti criminali, ad esempio lo abbiamo visto con la sparatoria di qualche giorno fa in via Bari, che non è la prima sparatoria. il sindaco continua a chiamarla micro criminalità, in questo caso però noi avevamo un quindicenne in pausa pranzo dopo la scuola. I ragazzi non dovrebbero avere paura di andare a scuola, ed i genitori di mandarci i loro figli.  

Cosa si può fare? Gli interventi che noi proponiamo sono diversi: in primis il Comune di Bolzano dovrebbe costituirsi parte civile con questi ragazzi e indurli richiedendo un risarcimento danni che verrebbe poi commutato in attività di volontariato. Questi ragazzi devono capirlo con il proprio sudore che questi comportamenti sono sbagliati. Secondo aspetto è l’Istituto dell’IPES, tra l’altro controllato da amici politici che in campagna elettorale la vedevano come noi sulla necessità di ristrutturare i punteggi assegnanti alle graduatorie perché, ricordiamolo, è pieno di gente perbene che aspetta un appartamento.

Noi pensiamo che dentro gli alloggi dell’IPES non ci debbano essere persone che decidono deliberatamente di intraprendere azioni criminali. Vero, diranno gli esperti giuristi, non possiamo penalizzare le persone sulla base della fedina penale, ma una cosa che si può fare è premiare chi non ha questo tipo di problemi. Possiamo dare punti in più a chi se lo merita. Cosa può fare la Provincia? Può intervenire con assistenti sociali ma anche con i dirigenti scolastici, questi sono minorenni e a scuola ci devono andare ancora. I dirigenti scolastici sanno come intervenire, hanno gli strumenti pedagogici per eventuali correzioni”.

Ultimo ma non meno importante, andrebbe coinvolta anche la famiglia, visto che essendo il figlio minorenne bisogna renderla responsabile delle sue azioni. Immagino che tanti genitori in occasioni del genere dei provvedimenti li avrebbero presi”.

Conclude, lanciando l’appello che se qualcuno ha visto qualcosa lo riferisca subito alle Forze dell’Ordine la dottoressa Scarafoni, che ha letto un breve messaggio lanciato dalla madre del ragazzo: “Quello che mi preme dire è che innanzitutto chi ha visto ed era presente avrebbe dovuto segnalarlo alle Forze dell’Ordine. Chi fa del male deve pagare le conseguenze delle sue azioni, inoltre vorrei aggiungere che bisogna finirla di mettere la testa sotto la sabbia ogni volta che vediamo qualche cosa che ci fa paura.

Noi adulti dovremmo essere un esempio per i nostri figli, dovremmo insegnare loro che non è con l’indifferenza ed il menefreghismo che si combatte la violenza. Inutile fare campagne contro il bullismo quando noi siamo i primi a scappare di fronte ai problemi. Il bullismo, la prevaricazione, la violenza si combattono tutti insieme, non con l’omertà. Che insegnamenti diamo ai nostri ragazzi?”.

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