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Alto Adige

Baby Gang: nel report di Transcrime la situazione in Alto Adige

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È stato recentemente pubblicato un interessante report di Transcrime, scritto in collaborazione con la Direzione Centrale della Polizia Criminale del Dipartimento della Pubblica Sicurezza Ministero dell’Interno ed il Dipartimento per la Giustizia Minorile e di Comunità Ministero della Giustizia.

Una trentina di pagine con dati, grafici, immagini, progetti, fatti e analisi sul fenomeno delle baby gang e dei reati di gruppo.

Le informazioni con cui è stato scritto questo report sono state raccolte tramite questionari somministrati ai Comandi Provinciali dell’Arma dei Carabinieri, alle Questure e agli Uffici di Servizio Sociale per Minorenni e tramite analisi di articoli di giornale o episodi riportati comunque dai media.

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Come riportato anche da Treccani, “baby gang” significa “banda di giovanissimi che si rende responsabile di azioni di microcriminalità.” Ed è su questi gruppi di giovanissimi (per la stragrande maggioranza gruppi di ragazzi (maschi) italiani tra i 15 ed i 17 anni, ma sono presenti anche soggetti dai 18 ai 24) che il report si basa. Un fenomeno in crescita in tutta Italia, con picchi in certe regioni.

Perché dei ragazzi si dovrebbero unire in questi gruppi? A fare da collante sono i rapporti problematici con le famiglie, con il sistema scolastico, con la società stessa e un contesto di disagio economico. L’uso dei social network viene visto poi come uno strumento per rafforzare l’identità di gruppo e per “generare processi di emulazione o auto- assolvimento“.

La pandemia di Covid-19 è stata certamente uno dei fattori che più ha influenzato i giovani ed il loro modo di vivere le relazioni. Il fenomeno delle baby gang, che ha attirato sempre di più l’attenzione dei media, era stato citato – da gennaio ad aprile 2022 in oltre 1900 articoli. Nel 2021 in 1949 e nel 2020 in 741.

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Anche la Provincia di Trento ha il suo da fare con questi giovani di difficile gestione. Secondo quanto riportato dai Comandi provinciali, nel Nord Italia – specie nelle aree metropolitane – c’è stato un aumento delle gang di giovanissimi(anche formate da stranieri di prima o seconda generazione).

Nello specifico, a Trento troviamo la gang “Canova Regna” (QUI link) che nel 2020 aveva visto l’arresto per spaccio di 8 dei suoi componenti mentre a Bolzano, invece, abbiamo visto la “Banda di Casanova” e la baby gang “Vintola“, che nel 2016 era formata da giovanissimi di 11-16 anni (di diversa provenienza etnico culturale, italiani, sudtirolesi di lingua tedesca, sinti, nordafricani, pakistani, migranti di seconda generazione) rei di furti, rapine, aggressioni, piccole estorsioni, minacce a mano a armata con coltelli e pistole scacciacane.

Ci sono alcune varietà di gang e baby gang: ci sono quelle con una struttura organizzata e dedite ad attività criminali specifiche; quelle che si ispirano a organizzazioni criminali estere; quelle che si ispirano o hanno legami con organizzazioni criminali italiane; quelle senza struttura definita dedite ad attività violente o devianti.

Organizzati o meno, siamo in una società dove bisogna prendere consapevolezza di questo fenomeno e di questa sua continua diffusione. “È necessario interrogarsi sulle nuove fragilità e sui nuovi linguaggi, con la consapevolezza che le risposte saranno tanto più efficaci quanto più ampio sarà il numero degli interlocutori coinvolti nello studio e nella comprensione dei sempre nuovi disagi giovanili.”

Perché anche se è vero che “i dati hanno evidenziato situazioni di marginalità o disagio socioeconomico per molti dei componenti delle gang giovanili“,”questa condizione non è sempre verificata, specialmente per alcuni gruppi a prevalenza italiana.”

Viene quindi naturale chiedersi come sia possibile contrastare la formazione di questi gruppi di ragazzi – maschi – che tendono a compattarsi al punto tale da venire trascinati in una spirale di comportamenti dannosi a loro stessi e agli altri.

QUI link report completo

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