Alto Adige
Coronavirus: l’altoatesino Marco Veronese bloccato a La Paz, in Bolivia. “Fatelo rientrare”
Situazione drammatica anche per un altoatesino, Marco Veronese, che come molti altri italiani, si trova bloccato all’estero per l’emergenza mondiale Covid-19. A segnalarlo è il consigliere provinciale Alessandro Urzì.
Come componente della missione Moto for Peace, di cui è segretario, Veronese al momento è trattenuto dalle forze governative a La Paz, in Bolivia.
Moto for Peace è una spedizione umanitaria che ha per obiettivo il lavoro dei missionari cattolici in Sudamerica documentando il loro impegno e sostenendoli attraverso una raccolta fondi organizzata in Italia.
I suoi aderenti appartengono ai corpi di Polizia di Stato, Carabinieri e corpi di polizia internazionale.
Dal Cile attraverso l’Argentina, il Paraguay fino alla Bolivia, la missione si è svolta regolarmente lungo un percorso che ha fatto tappa presso diverse comunità religiose e realtà bisognose di aiuti, sino a quando non si è sviluppata la pandemia e le porte del Perù (che era l’ultima tappa) sono state chiuse alla delegazione composta da italiani.
Ora sono ospitati in un seminario di La Paz ma la situazione, anche dal punto di vista della sicurezza, si sta complicando essendo i componenti della missione costretti a scendere in strada per acquistare da mangiare e beni di sostentamento e venendo però verbalmente aggrediti e additati come untori e possibile causa o rischio di diffusione del virus nel Paese, che a dire la verità non conta al momento ancora un numero drammatico di contagi come in Europa.
“I contatti con la Farnesina sinora avrebbero prodotto risultati modesti – sottoliena Urzì – con assicurazioni di carattere molto generale sulla possibilità di organizzazione di un volo per l’Europa (ad aeroporti chiusi) con successivo rientro in Italia a spese dei nostri concittadini. Nessuna notizia sulla possibilità di recupero anche dei mezzi usati per la missione che rimarrebbero in Bolivia.
Insomma, una situazione grave di cui ho informato oggi le autorità ad ogni livello (interessando anche la nostra delegazione parlamentare per un contatto con l’Unità di crisi del Ministero per gli affari esteri) per verificare le strade utili a sbloccare questa incertezza ed offrire soluzioni chiare e praticabili per i nostri connazionali, anche per il recupero dei mezzi.
“Si tratta, come detto, di personale di polizia. Il diritto al rimpatrio evidentemente vale per tutti ma per chi veste una divisa questo diritto è tanto più urgente almeno su un piano morale di rispetto da parte del Paese verso i propri servitori”, conclude il consigliere.
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