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Alto Adige

Fase 2: ripartenza lenta per bar e ristoranti, apertura rimandata per molti estetisti e parrucchieri

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L’open up anticipato in assenza di protocolli per la sicurezza di trattamento dei clienti e di regole chiare per quanto riguarda la sicurezza sul posto di lavoro, non facilitano quanto previsto dalla legge provinciale per gli esercizi commerciali in Alto Adige.

Porte aperte da ieri in negozi, bar e ristoranti ma la chiarezza manca. Quelle regole dell’Inail che dovevano tutelare gli esercenti da eventuali problemi e sanzioni non ci sono ancora.

Un’assenza che rende ora inutile la possibilità delle riaperture pretesa dalla Provincia di Bolzano in aperto contrasto con quando era stato indicato dal ministro per le Regioni Boccia, che oggi ha infatti deciso di impugnare in molte delle sue parti quanto deciso nei giorni scorsi a livello provinciale.



La proposta di attendere l’accordo sulle misure diversificate per ogni regione o provincia autonoma previsto dal governo a partire dal 18 maggio, è stata di fatto ignorata dal presidente della Provincia Kompatscher che aveva dichiarato la volontà assoluta di proseguire con l’anticipazione della fase 2 in Alto Adige (Roma minaccia, Kompatscher non molla: “Legge in vigore anche se impugnata. Andiamo avanti”).

Tutto inutile quindi? Ora, con una normativa poco chiara e che crea confusione anche per quanto riguarda le direttive di trattamento dei clienti, le attività commerciali, soprattutto quelle che offrono servizi alla persona, rischiano di essere fuori norma (Aperture anticipate, M5S: “Caos fra cittadini e dubbi per gli esercenti”).

Non si potrebbero infatti escludere sanzioni nel caso dovessero insorgere problemi. La stessa legge provinciale contiene in sé diverse lacune anche per ciò che riguarda l’applicazione della regola cosiddetta di ‘1/10’.

Si tratta di una regola certamente prevista dal testo della legge e necessaria ad evitare una densità di persone troppo elevata negli spazi interni.

In base ad essa viene definito un rapporto tra superficie e numero massimo possibile di persone in permanenza all’interno delle aree dei diversi esercizi commerciali (escluso il settore della ristorazione) e l’obbligo per i proprietari di garantire la disponibilità di dieci metri quadrati di spazio per persona.

Prima di dare il via al servizio è inoltre obbligatoria la misurazione della temperatura a personale e clienti, l’utilizzo di guanti monouso e mascherine per l’esercente e di protezioni per le vie aeree da parte del cliente.

Nonostante queste direttive stringenti (anche di più rispetto al resto d’Italia) rimangono da chiarire tuttavia molti degli aspetti legati ad eventuali problematiche che possono sorgere dal contrasto tra normativa statale e provinciale.

Anche tra i bar e i ristoranti c’è chi sta sperimentando una ripartenza molto lenta: non solo per quanto riguarda le nuove misure che permettono l’ingresso dei clienti con il contagocce (riduzione dei tavoli e pannelli divisori in plexiglass in molti casi da reperire, non aiutano) ma anche per le solite incertezze su come interpretare la normativa a livello locale.

Tra loro c’è anche chi pensa di tenere chiuso fino al prossimo anno (o non riaprire) perché le entrate rischiano di essere nettamente minori delle spese necessarie a mantenere in vita l’attività. L’inizio di stagione è sconfortante per l’assenza dei turisti e rimane il rischio di sanzioni per le mancate coperture dell’Inail fino all’accordo con il governo.

In definitiva, all’opzione delle riaperture anticipate, c’è chi preferisce quella dell’attesa per avere maggiori certezze.

(e.c.)

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