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L’impertinente

L’altra faccia del 25 aprile: varianti sul tema della “Liberazione”

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Oggi si celebra un altro anniversario del 25 aprile, per la precisione il settantaquattresimo, strumentalizzato dalla sinistra: ieri contro Berlusconi, oggi contro Salvini e il suo governo giallo verde.

E ricomincia il solito interminabile «derby» fra destra e sinistra.

Succede perché una celebrazione, che dovrebbe essere perlomeno condivisa con tutte le forse politiche che hanno contribuito al ripristino della democrazia, è stata di anno in anno monopolizzata dalla sinistra.



Del resto avrebbe potuto creare imbarazzo condividerla con i partigiani bianchi che magari avrebbero potuto rivendicare i propri fratelli assassinati dai partigiani rossi ad esempio nell’eccidio di Porzus.

Oppure con i monarchici che la resistenza l’avevano fatta anche loro, per poi essere beffati con un referendum i cui risultati falsificati, sono un dato storico assodato.

Che dire poi dei preti che non si sono certo tirati indietro, ma che sono stati assassinati perché visti come un ostacolo al diffondersi del comunismo ateo.

Magari qualcuno avrebbe potuto ricordare l’assassinio del seminarista Rolando Rivi, solo per citare alcuni episodi.

Ed ecco allora che i comunisti hanno pensato bene di trasformare la celebrazione del 25 aprile in una “cosa” solo loro.

Anche perché almeno per una decina di anni dalla fine della guerra, a sinistra non si è mai spenta la speranza della rivoluzione, e il 25 aprile, come il primo maggio, erano date che avrebbero potuto innescare la scintilla.

Gli anni sono passati, le armi in parte restituite e la rivoluzione è diventata tema di discussione e purtroppo di divisione.

Solo che con gli anni sono andati a scomparire i testimoni diretti di quell’epoca e senza materiale umano anche la festa rischiava di scomparire.

Tant’è che oggi per il 25 aprile sfileranno anche i profughi che nulla hanno a che fare con lo spirito della celebrazione ed una pletora di sigle, tutte con un unico scopo: manifestare contro un governo democraticamente eletto, ma che alla sinistra che se ne infischia del volere popolare, non piace.

Al di la di questo è anche vero che la storia la scrivono i vincitori e che i vinti non hanno parola.

Però gli episodi sono incancellabili e parlano da soli come nel caso della famiglia del veterinario Pallotti sterminata nella casa di Modena la sera del 9 gennaio 1945.

Ai suoi due bambini fu sparato in faccia.

O di Carlo Azzali che fu gettato nel Secchia con le mani legate dietro la schiena (12 febbraio ’45); Jolanda Pignatti, sepolta viva (27 aprile ’45).

Prima Stefanini, di 38 anni e la figlia Paolina di 18, furono sequestrate e violentate per dodici giorni e poi soppresse (20 aprile ’45).

Casto Elmotti fu torturato con il taglio dei testicoli, lo strappo delle unghie e l’enucleazione degli occhi (27 aprile ’45).

Don Luigi Lenzini fu torturato con il taglio del pene e l’enucleazione degli occhi (21 luglio ’45).

Elio Lugli fu affogato in un pozzo nero (6 gennaio ’45).

Albina Gualtieri fu bruciata viva assieme al marito Ercole Martini(4 luglio ’44).

Con simili metodi nel modenese altre centottanta persone furono soppresse.

Fu Resistenza? Sì, la Resistenza fu anche questo.

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