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Società

Limiti e sciocchezze del “bando” dalla città: perché il Daspo urbano da solo non risolve

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La misura del daspo urbano, come molti pensano, non è risolutoria. Se lo fosse, da domani i quartieri, le strade e i vicoli tornerebbero improvvisamente senza crimini o criminalità o gente che dorme per strada.

E’ invero un provvedimento che ha l’obiettivo di fornire ulteriori strumenti di contrasto alla microcriminalità e alle condotte di per sé anche non costituenti illecito ma che comunque incidono negativamente sul senso di sicurezza percepito dai cittadini, sul decoro urbano, sulla fruibilità e la vivibilità degli spazi pubblici e che, più in generale, mettono a repentaglio la sicurezza urbana.

In caso di Daspo è infatti previsto il pagamento di 100 euro entro 60 giorni (con ripristino dei luoghi, allontanamento immediato del trasgressore e divieto di permanenza per le 48 ore successive con un aumento della sanzione da 300 a 900 euro se non rispettato). Nel caso di reiterazione inoltre, il Questore può ordinare il divieto di accesso ad una o più aree fino a un massimo di 6 mesi. Da 6 mesi a 2 anni invece per soggetti che si sono macchiati di reati con sentenza definitiva.

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Indubbiamente, con tale misura si dispone di uno strumento in più per il contrasto al disagio urbano, ma con dei limiti, credo, che pochi conoscono, in particolar modo riguardo al possibile divieto della circolazione per i numerosi senzatetto che stazionano (temporaneamente o meno) nelle nostre città.

A cominciare dalle ammende che nessuno pagherà e da allontanamenti che serviranno a risolvere gran poco se non estesi a tutto il contesto urbano.

Non secondario infatti è il principio contenuto nel comma “c bis” sulle disposizioni urgenti in materia di sicurezza, che prevede la promozione dell’inclusione, della protezione e della solidarietà sociale mediante azioni e progetti per l’eliminazione di fattori di marginalità in collaborazione con enti o associazioni operanti nel privato  e nel sociale.

In coerenza con le finalità del Piano nazionale per la lotta alla povertà e all’esclusione sociale dunque, difficilmente si arriverà alla “verbalizzazione” diretta con ammenda e alla “cacciata” di un senzatetto o di un soggetto generalmente molesto da un determinata zona, essendo previsto il passaggio prioritario dal servizio sociale.

Del resto, si presume giustamente che la prevenzione o il contrasto dei fenomeni di criminalità diffusa e predatoria, la promozione o il controllo del rispetto della legalità e la promozione o il controllo del rispetto del decoro urbano, siano azioni già poste in essere dai reparti interforze.

Ricordiamoci inoltre che fino a quando non si risolveranno molti dei problemi che stanno alla base del disagio e della mancata sicurezza saremo sempre al punto di partenza.

Parliamo, tra gli altri, dell’attuale depenalizzazione dei reati, del decreto svuota carceri (salva pusher/altro), degli arresti domiciliari concessi troppo agevolmente, delle lungaggini processuali bibliche, degli accordi bilaterali internazionali mancanti con una moltitudine di paesi stranieri o delle regole di ingaggio/potenziamento delle Forze dell’Ordine e si potrebbe continuare oltre.

In assenza di tale premessa la misura del Daspo urbano, in definitiva, se applicato da solo resta un provvedimento inefficace.

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