Gastronomia Trascendentale
Sidro di mele trentine e allegria: a Milano la moda dei frutti della Val di Non
Milano, venite dalla A1, tangenziale est, uscita Rubattino: una facile gimcana e, imboccato il cavalcavia Buccari sulla sinistra, eccovi in una delle numerose vecchie aree industriali di Milano, oggi riconvertita a zona di servizi e intrattenimento.
Facile arrivarci con l’alta velocità che collega in un batter d’occhio da este, da ovest e da sud al capoluogo lombardo e poi di là, in via Corelli 31.
Vi passerete (20 €. a testa) due orette simpaticissime in compagnia di un menù creativo appoggiato su quel frutto controverso che è la mela, salutare e simbolico: la serie delle 10 portate è tutta gradevolissima e di ottima qualità, ideale per accompagnate i differenti tipi di sidro a gogò che vi versate voi a volontà, direttamente dalle botti.
E, data la bassa gradazione, con un poco di attenzione potrete forse anche guidarci su. Oppure attendere di smaltire del tutto nelle diverse discoteche delle vie limitrofe.
“Dio stramaledica gli inglesi”, “Perfida Albione”, “Plutocrazie…”: la retorica fascista della prim’ora si è scontrata con la tradizione del sidro, propria di alcune zone del nord Italia (Piemonte, Valle d’Aosta, Trentino Alto Adige) e identitaria per le popolazioni del nord Europa già percepite come antagoniste.
Questa simpatica bevanda, anche spumeggiante come la birra oppure ferma, in epoca di costruzione nazionale italiana era stata volutamente sacrificata sull’ara del vero bere nazional-popolare dello Stivale: il vino. Comprensibile, per l’epoca…
Ora, però, che l’Italia ha accumulato 150 anni d’unità, controversa e variegata, perché non recuperare una tradizione e uno stile di consumo?
Per di più, anche nelle Asturie e nei Paesi Baschi il sidro è di casa e i fasti anglosassoni sono ormai, volenti o nolenti, un dato di fatto e una profonda dimensione di questa umanità d’esordio millennio, che parla inglese in internet e nel business, nelle comunicazioni scientifiche e nel cinema.
Quindi, che male farà mai un sorso di sidro, quando poi viene magari dalle mele della val di Non? E io, Diletto Sapori, l’ho chiesto a Cinzia, simpaticissima anfitrione insieme col marito di questo buffo posto, così italiano e milanese da attirargli le mie simpatie.
Perché, cari amici, voi ormai mi conoscete: sono buono e bravo, ma per farmi parlare bene di qualche ristorante o produttore o piatto bisogna proprio che io vi scovi del… trascendentale. Altroché cena offerta e regalino: tutto questo non regge se frutto di piaggeria pubbicitariofila.
Il vostro Diletto Sapori è tutto d’un pezzo e mai e poi mai scriverebbe de “La Sidreria” se i suoi migliori amici (i lettori) poi dovessero stramaledirlo più di quanto successo in altri tempi agli… inglesi!
E Cinzia, con candore, ha risposto che l’esperienza del bere sidro era disponibile in Italia e, visto che i dati riportavano una ripresa di quel consumo, perché non fondarvi sopra un locale?
E così ecco nascere un posto di distrazione, questo di Milano sud, che mi ha ricordato un bel viaggio nella grande penisola bretone, zona di commistione franco-inglese, nord latina e sud anglosassone.
E la terra d’origine della mia famiglia, il bel Trentino.
Un’alternativa alla birra che, sofferente del medesimo apartheid storico, ha dilagato, come i meno giovani di voi ricorderanno, proprio dagli anni settanta per poi ritornare a far parte del bere tricolore come già fu in molte zone prima dell’era in cui i tre colori erano sostenuti in camicia nera.
Così, passerete una serata bella e simpatica, originale e culturalmente avvincente: potrete provare 6 o 7 tipi di sidro di mele e anche di pere. Chiedete di Cinzia e ditele che vi manda Diletto Sapori: abbiamo avvertito un certo flusso di simpatia… Certamente trascendentale!
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