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A mille all’ora: il fascino del rischio alla guida

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Come mai amiamo il rischio e tendiamo a crederci invincibili, o gli unici a cui quel tipo di disastro o fatalità non accadrà mai? Robert W Kates, professore di geografia alla Clark University nel Massachusetts, voleva capire in che modo e con quanta precisione sappiamo valutare i rischi posti dal mondo naturale. Si deve a lui la definizione “la prigione dell’esperienza” per spiegare perché siamo così poco avveduti nel valutare le minacce, preferendo una visione ottimistica nonostante, o forse a causa, delle nostre precedenti esperienze. Ad esempio, osservando i residenti sulla costa orientale degli Stati Uniti, Kate ha scoperto che il 90% di loro aveva subito tempeste ed uragani, ma solo il 66% di loro si aspettava che si ripetessero in futuro.

Un’altra ricerca ha rilevato che gli agricoltori, tendono a reprimere le loro esperienze di passate siccità, e adottano irreali atteggiamenti di ottimismo, sulle probabilità di futuri periodi di siccità. Gli agricoltori, si comportano come i giocatori d’azzardo: la siccità è l’avversario da battere e loro l’avrebbero battuta, riuscendo a sopravvivere nonostante tutto. Negare l’esistenza di pericoli, è una prassi comune, la saggezza popolare dice che “il fulmine non colpisce mai due volte nello stesso luogo“. Confidare in poteri superiori, immaginando o convincendoci che determinati pericoli stiano diventando meno frequenti nel tempo, anche quando le prove dimostrano l’esatto opposto, è un atteggiamento assai comune.

E con il movimento degli occhi che cerchiamo di prevedere cosa sta per succedere, senza visione periferica il pericolo non sussiste . Se 100.000 anni fa, i nostri antenati attraversavano la savana alla ricerca di prede, cercando di evitare i predatori, gli scenari attuali sono molto diversi, soprattutto quando siamo alla guida. Il nostro cervello selezioni gli avvenimenti registrandoli in aree diverse, come molto importanti e poco importanti. Questa selezione viene chiamata “Applicazione dei priori di scena. “



E’ scientificamente provato che puoi vedere un veicolo, ma non elaborare ciò che stai vedendo, anche se sei estremamente esperto. La nostra attenzione tende ad essere attratta da cose grandi e voluminose come automobili e camion, molto più che da cose piccole come le moto o le biciclette. Guardiamo a destra e a sinistra a un incrocio per qualcosa come 200 millisecondi. I motocicli costituiscono solo una minima parte del traffico, circa il 2%, quindi non ci aspettiamo di vederli per il 98% delle volte. La consuetudine di guidare in queste condizioni, conferma questa “rarità di presenza” e rafforza la nostra incapacità di vedere le motociclette “.

Per superare questo problema, nel 2002, il governo del Regno Unito ha introdotto un test di percezione del rischio nel test teorico per auto e moto. Funziona tramite un pulsante di arresto temporizzato, per misurare le risposte dei neo-conducenti, con video-simulatori. L’11% dei guidatori, sottoposti al test, ha confermato di aver bisogno di molto impegno per migliorare l’attenzione alla guida ed evitarne i rischi. Il test, tuttavia, ha confermato che il problema coinvolge anche drivers esperti come quelli dei corpi di polizia, che frenano troppo tardi, esattamente come i normali conducenti.

Anche se la loro preparazione fisica è maggiore, ed i loro fisici rispondono molto più rapidamente dei driver standard, sono più consapevoli del rischio, ma ritardano la frenata fino all’ultimo istante. I produttori di automobili hanno affrontato il problema sviluppando tecnologie per aiutare la percezione del rischio. La Volkswagen Touareg, ha sviluppato un sistema di Night Vision, dotato di una telecamera a infrarossi che individua pedoni, ciclisti e animali selvatici di medie dimensioni, da 10 a 130 metri e avvisa il conducente, oltre ad un sistema Front-Assist per evitare collisioni, che utilizza sensori radar, per misurare la distanza e la velocità di veicoli o oggetti di fronte all’auto, e possono attivare la frenata, se viene giudicata in rotta di collisione.

Vale anche per i piloti di aerei, per i quali la capacità di individuare pericoli e rischi, è chiaramente un problema di vita o di morte. Hanno aiuti da parte della tecnologia e del radar, ma restano umani. Il problema è che noi umani non ci siamo molto evoluti dal periodo della savana. Quando si tratta di raccogliere ed elaborare le informazioni, i nostri limiti sono quelli del sistema della memoria umana, e della velocità di elaborazione delle informazioni. Il nostro cervello reagisce catturando frammenti che sarebbero interessanti, anche se spesso in macchina ci facciamo distrarre dall’ambiente, e disturbiamo il flusso di notizie necessarie alla nostra sicurezza.

I successi delle procedure di sicurezza per i piloti sono basati sulla riduzione delle interferenze. L’aggressività o la maleducazione possono influenzare seriamente le nostre capacità cognitive, è sorprendente come in presenza di aggressività saremo meno capaci di gestire le informazioni. Quindi una semplice fila nel traffico o in autostrada, in presenza di un eccesso di aggressività può rivelarsi sconvolgente, e decisamente pericolosa. Perciò accettate un piccolo consiglio, non stuzzicate od innervosite l’autista.

I sistemi di guida autonoma attualmente in sperimentazione, non stanno dando ancora un grado di affidabilità sufficiente. Anche se gestiti da computer, che non sono stimolati da miliardi di sollecitazioni esterne come il cervello umano, funzionano correttamente solo a basse velocità. Sono influenzati dagli ostacoli e rallentano troppo in caso di pedoni o ciclisti, che entrano nel raggio d’azione dei sensori. Molto corretto nei loro confronti, ma non in grado di sviluppare una decente velocità urbana. La risposta, a breve termine, sembra quella di utilizzare una tecnologia che aiuti la percezione umana piuttosto che sostituirla.

Le nuove auto dispongono di sistemi di assistenza al guidatore, dotati di alta tecnologia, tra cui l’avviso di collisione, frenata autonoma e allarmi sul punto cieco. Tutto questo però, non potrà mai impedire alle suocere di urlare contro di voi se non si aspettavano una frenata brusca, di brontolare se pensano che dobbiate frenare prima, lamentarsi della musica che avete scelto o del colore della tappezzeria. Fortunatamente, la psicologia cognitiva è dalla vostra parte ed anche il volante.

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