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Antonio: persa ogni speranza. I medici di Strasburgo: “Non si risveglierà”

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Un epilogo amaro, la notizia che nessuno avrebbe mai voluto sentire. Antonio non si risveglierà.

Ricoverato nell’ospedale Hautepierre di Strasburgo, le sue condizioni oggi sono più che disperate. E la speranza che ha accompagnato ognuno di rivederlo sorridente come un tempo, pieno di vita e di progetti, lascia spazio alla disperazione della consapevolezza.

I danni riportati sono troppo gravi, il cuore batte ancora sostenuto dalle macchine, ma quel cervello meraviglioso si è spento per sempre.



Le condizioni cliniche del giornalista trentino Antonio Megalizzi, ferito a Strasburgo nell’attentato terroristico di martedì 11 dicembre ad opera del 29enne fanatico islamico Cherif Chekat, sono stabili ma irreversibili.

Un amico del 28enne che ora si trova ricoverato in stato di coma profondo nel nosocomio della città francese, riporta affranto le parole pronunciate da Danilo Moresco, il padre di Luana, fidanzata di Antonio.

Parole difficili, disperate, piene di dolore riferitegli dai medici: “… mi dispiace ma non potrai più parlare con Antonio… non c’è speranza. Il cuore batte ma non si sveglierà”.

Caute fin dall’inizio le esternazioni dei medici francesi che ieri mattina (12 dicembre) avevano detto di volerlo operare, ma che avevano nel contempo sottolineato l’impossibilità di provare l’intervento a causa della posizione di quel proiettile, arrivato alla base del cranio e troppo vicino alla colonna vertebrale.

La difficile decisione ora spetta alla famiglia. Erano partiti alla volta della Francia in macchina, in un viaggio terribile pregno nello stesso tempo di speranze e apprensioni. “Non ci siamo resi conto della gravità della situazione fino a quando non siamo arrivati sul posto” aveva affermato solo l’altro ieri Moresco assieme ai genitori del giornalista, quando ancora si poteva credere, anche nella lotta tra vita e la morte, che la prima potesse avere alla fine il sopravvento. Come l’amore, che nonostante tutto vince, sempre, su tutto.

Una sentenza oggi dura da riportare anche per chi in questo momento ha la responsabilità di scriverlo: il giovane potrebbe essere riportato in Italia, destinato allo stato vegetativo, tenuto in vita dalle macchine.

Forse per giorni, settimane, anni.

Le due ragazze che erano con lui, la trentina Caterina Moser e Clara Stevanato, veneta e residente a Parigi, quella maledetta sera di martedì sono riuscite a scappare rifugiandosi poi in un locale pubblico. Hanno perso di vista Antonio, rimasto a terra. Lo hanno cercato, aspettato. Hanno immaginato, soprattutto e come tutti, di poterlo riabbracciare dopo il grande spavento.

Per raccontarsi di come la vita possa riservare ancora sorprese, di come dovremmo essere grati all’universo per il dono stesso della vita.

Sotto al primo post pubblicato da Caterina Moser all’indomani della tragedia, decine di commenti di solidarietà alla famiglia, gli inviti a non mollare. Una frase che oggi fa venire i brividi, spezza il cuore, ghiaccia i pensieri.

Volevamo parlare del futuro radioso che aspettava Antonio, della sua grande intelligenza, dell’ironia tagliente e della profondità che contraddistingueva ogni suo intervento. Della sua voglia di vivere e di non mollare mai.

Lo faremo comunque, perché non vogliamo immaginare un epilogo diverso, nonostante tutto.

 

 

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