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Cani anti Covid, Urzì: “Sfumata la certificazione, progetto saltato. E i 340mila euro spesi?”

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Immagine di repertorio
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Cani anti Covid?

Un esame e una certificazione della capacità operativa dei cani da fiuto in presenza di un’analisi scientifica di assistenza scientifica (biostatistici, medici, project manager esterno, notaio) doveva avvenire a metà aprile 2021 ed è stata rinviata a nuovo avviso“.  E’ la sentenza a firma dell’assessore Thomas Widmann che venerdì scorso, all’ultima interrogazione di Fratelli d’Italia sui cani anticovid anticipava la fine, nella polvere, del progetto.

Una sperimentazione su cui Fratelli d’Italia aveva puntato sin da subito l’indice senza posizioni pregiudiziali, chiedendo solo i dati scientifici dei risultati e una certificazione esterna – afferma il Consigliere regionale e provinciale di Fratelli d’Italia, Alessandro Urzì – . E i dati sono arrivati venerdì scorso, alla nostra interrogazione, parziali, lacunosi, senza alcuna chiarezza sulla negatività di chi veniva individuato dai cani come negativo, e soprattutto non certificati da alcun ente scientifico: il controllore è risultato il committente il progetto, ossia chi ha pagato la sperimentazione, l’Azienda sanitaria“.






E ancora: “Le parole di Widmann di venerdì scorso fanno però capire che dopo il rinvio della certificazione, probabilmente all’infinito, era chiaro che la Provincia e l’Asl non avevano più le spalle coperte, nessuno si sarebbe sentito di validare il metodo con leggerezza. Il progetto sarebbe stato messo ai raggi X. E c’era il rischio che infine qualcuno venisse a chieder conto alla Corte dei conti i soldi spesi sulla base del nulla, ossia senza alcuna certificazione di validità. 150 mila euro, poi seguiti da un’altra assegnazione. In tutto pare 341 mila euro. Nella risposta alla nostra interrogazione ricevuta venerdì sera i dati erano indicati in modo asettico e poco convincente. Perché già a due richieste ci era stato risposto in modo fumoso“.

Sono state testate le seguenti scuole – scriveva Widmann –  991 persone a Liceo scientifico e Fachoberschule für Bauwesen Peter Anich, Bolzano, sei giorni di test (alcune classi sono state testate due volte, per motivi del cambio della didattica in presenza e didattica a distanza)“.

78 persone, Sozialwissenschaftliches Gymnasium R. Gasteiner, un giorno di prova

53 persone, Istituto tecnico Galileo Galilei, un giorno di prova

96 persone, Drive in ospedale di Bolzano, un giorno di test

72 persone, scuola materna Termeno, un giorno di test

93 persone, scuola media San Genesio, un giorno di prova

442 persone, Liceo Scientifico “ALBERT EINSTEIN” Merano, un giorno di test

350 persone, Kunstgymnasium “CADEMIA”, Ortisei, Wirtschaftsfachoberschule “Raetia”, due giorni

di prova

42 persone, scuola media Eppan, un giorno di test

132 persone, Pädagogisches Gymnasium Josef Ferrari, Merano, un giorno di test

174 persone, Scuola professionale provinciale J. Gutenberg, Bolzano, un giorno di test

360 persone, scuola elementare Montessori, Bressanone, due giorni di test

Un totale di 2883 persone è stato testato”. Così scriveva Widmann.

Delle 2883 persone testate, 119 sono state trovate positive o con un dubbio di positività, riferisce la Provincia.

E Widmann aggiunge: “Di questi, 41 sono stati confermati positivi con un test PCR. Questo corrisponde a un tasso di successo di quasi il 96%”. E non si capisce come possa essere il tasso del 96% di successo se solo 41 sui 119 probabili positivi sono risultati poi positivi. E che sulle restanti 2764 persone“.

Per Urzì si tratta di dati forniti sempre dalla Provincia e non sarebbe stato fatto alcun test di conferma, quindi non si sa se il dato della negatività fosse confermabile o no.

Nonostante avessimo preteso che questa verifica anche sui negativi venisse compiuta. Quindi un lavoro solo a metà. Ad altre nostre richieste l’assessore Widmann ha precisato che ‘tutti i contenitori usati in cui si trovano le mascherine da testare e le mascherine da testare sono state smaltite in conformità e non sono state usate una seconda volta. Così non c’è stata nessuna contaminazione e quindi nessun falso positivo a causa dei contenitori già utilizzati‘, benchè non vengano rilasciati altri particolari“.

Nessun dubbio – continua Urzì –  da parte dell’assessore Widmann anche sul fatto che quello che è stato fatto andava fatto: ‘la responsabile della scuola per cani di servizio delle Forze armate tedesche, Dr. Ehster Schalke, afferma che i cani possono riconoscere il Coronavirus dopo sette giorni di addestramento intensivo, senza che ciò sia confermato da nessun dato scientifico che avevamo richiesto essendosi limitato l’assessore a sostenere, con linguaggio da social, che ‘studi internazionali dimostrano che i cani da fiuto Covid-19 possono rilevare molto bene il Sars-Cov-2’. Punto. E dovremmo fidarci. La citazione della fonte è alquanto imprecisa.

Ma è sul punto della certificazione che il dente duole. Non esiste un organismo di certificazione di terza parte. La verifica dei risultati è effettuata dal supporto professionale fornito dall’Azienda Sanitaria dell’Alto Adige, il che può avere innescato un pericoloso cortocircuito di responsabilità. Perché ‘al momento il metodo di test con i cani da fiuto Covid-19 non è ancora approvato dal Ministero della Salute’, specifica l’assessore Widmann.

Poi la verifica avrebbe dovuto tenersi ad aprile (ma non è spiegato da chi, pare di intendersi le autorità sanitarie nazionali, ma poi è stata annullata). Da qui il precipitoso ritiro da una sperimentazione costosissima su cui gravano mille dubbi che le risposte ottenute dalla Provincia non contribuiscono a chiarire. Nessun criterio scientifico di verifica, nessuna certezza. Ora l’assessore Widmann dovrà fornire i risultati scientifici di questo progetto costato una valanga di denari pubblici. Ma sarà difficile averli considerato che nessun ente se non il committente ha potuto verificarne lo svolgimento nei dettagli e pare sia stato invece molto condotto in autonomia. Insomma, una fumosità che in questo caso ha giustificato più di un dubbio“, conclude Urzì.

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