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Le nostre storie

Crescere un ragazzo autistico in Alto Adige: la storia di Chiara e il nuovo appello alla Provincia

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Bambini e ragazzi autistici. In Alto Adige se ne parla raramente. Li chiameremo ‘gli invisibili‘ data la grande risonanza che in territorio locale viene riservata, molto spesso anche strumentalmente, ad altri tipi di disabilità ignorando che proprio qui, in casa nostra, la sorpresa più grande arriva dai numeri.

Nel 2019 erano 300 le diagnosi di autismo su 3500 bambini, tantissimi casi per la provincia di Bolzano con diagnosi che arrivano tardi, rallentando le possibilità di una terapia adeguata al singolo.

Ne parla Francesca Baldin, mamma di Chiara, una ragazza autistica di 17 anni e di altre due figlie. Ci racconta la sua storia, a partire dal 2005 quando a Chiara viene diagnosticato l’autismo. Lo fa nuovamente, dopo la bella condivisione comparsa sul nostro giornale già nel mese di luglio 2020 a firma di Luana di Maio.

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L’ennesima chiamata all’attenzione rivolta soprattutto alle Istituzioni verso bimbi e giovani con bisogni speciali, e che speciali lo sono davvero per le mille doti che nascondono e che spesso non vengono valorizzate, tanto quanto secondo tanti genitori “è invisibile il reale interesse a livello di strutture e formazione specifica dimostrato finora anche dall’amministrazione provinciale per questo tipo di problematica“.

Scrive Francesca:

Quando a mia figlia è stata diagnosticata l’autismo, mi è stata data una lista di cose che sapeva fare, di punti di forza e punti deboli, di caratteristiche fisiche su di lei e caratteriali tutte parole che ti gelano il cuore all’inizio.

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Una lista di caratteristiche e problemi da aspettarsi. Una  lista è senza emozioni, fredda e cruda soprattutto se la stai  già leggendo con la  paura  nel cuore. Tanti fogli, tante carte che leggi con ansia spesso senza capirne nulla. All’inizio paroloni che ti mettono in difficoltà.

L’autismo è uno stile di vita non una malattia. Iniziamo da qui che già se si recepisce questo particolare si riesce ad aprire la mente e a capire che bisogna gioire anche delle piccole cose. Insomma cambi come persona, ti arricchisce. E accetti anche che possono essere un po’ strani, come diciamo noi, ma accetti anche le loro particolarità e cominciano anche a piacerti. Ne fai un pregio non un difetto.

La lista prevedeva come primo punto la comunicazione cioè compromissione del linguaggio, la difficoltà nella produzione verbale e non verbale e la difficoltà di  comprendere il linguaggio verbale e non verbale. Le persone autistiche possono avere difficoltà di articolazione del linguaggio e dei suoni e di interpretazione della maniera letterale, non cogliendo le sfumature come l’ironia o i giochi di parole. Già detta così spaventa.  “E ora che fare?”, spesso ti dici.

Questo punto in effetti ti cambia la vita e le abitudini. Devi chiudere il cuore di mamma in un cassetto e anche se capisci tuo figlio, devi far finta di non capirlo per insegnargli a comunicare un po’. Io su questo punto, dopo un momento di sgomento e disorientamento anche durato anni e dopo diversi tentativi che ti scoraggiano, ho imparato a fotografare tutto e lei vedendo l’immagine piano piano ha imparato ha comunicare con quelle. E’ un modo differente ma non impossibile, è particolare ma anche divertente se sai metterti in gioco.

Poi adesso dopo tante sfide e dopo che ha cominciato a fidarsi di me e a guardarmi ora capisce anche il verbale. Passare già questo punto della lista come la chiamano loro è un impresa che richiede anni di lavoro ma poi quando raggiungi l’obiettivo gioisci anche solo quando ti chiama mamma o quando ti chiede un semplice frutto o alimento senza dare di matto (Nei prossimi articoli lo affronteremo più nel dettaglio).

L’elenco include poi “disabilità intellettiva, ritardo mentale e cognitivo“. Queste parole dette così ti lacerano il cuore ma nella realtà quello che significa davvero è  che per imparare  le cose ci vuole più tempo ma poi un passo alla volta, un pezzettino alla volta, una terapia alla volta ci arriverà. Niente è impossibile come dicevo prima.

Poi questa lista include la parte della socializzazione, cioè l’interesse e la capacità di avviare la comunicazione sociale o di rispondere alle aperture sociali altrui. Un’attitudine  compromessa o anomala che impedisci il formarsi di amicizie perché spesso l’altra persona non capisce o il soggetto autistico interpreta gesti ed espressioni facciali in maniera sbagliata. E poiché non capisce, spesso preferisce stare da solo nel suo mondo.

E qui ti chiedi ‘Avrà mai amici? Riuscirà a inserirsi in un gruppo? Come sarà la scuola? Adesso che faccio? Da grande non andrà a mangiarsi una pizza con i coetanei e la sua vita come sarà? La sensazione di vuoto torna a salire. E ora che fare?’.

Questi ragazzi spesso hanno solo un amico o due, cioè i genitori e se sono fortunati i fratelli. Il resto del mondo li considera alieni. Se ti vedi arrivare una bambina come la mia che ti tocca dalla testa ai piedi per conoscerti e ti fissa e tu sei un bambino di appena tre anni questa cosa ti spaventa e lo eviti. Ecco, su questo punto è importante l’azione dell’adulto che fa da mediatore, ma nonostante tutto spesso come già mi è capitato, la evitano.

Ovviamente, non sapendo esprimersi spesso vanno perdono il controllo e cominciano a lesionarsi o senza volerlo,  fanno del male. Ma è un modo per esprimere il disagio e tanti spesso alle elementari li considerano bambini maleducati e pericolosi, come è capitato a me. All’asilo è l’isola felice come dico io, perché se hai un personale scolastico come ho avuto io eccezionale passano in fretta e senza grossi problemi.

Lì imparano le prime strategie per comunicare e qui è importante la diagnosi precoce per agire in tempo. Il problema arriva alle elementari perché le ore mancano e spesso non sanno come agire.

Chiamavo gli amichetti, cercavo di fare feste di compleanno a cui non tutti venivano, per cercare di farla stare più tempo possibile in mezzo ai coetanei e le davo pian pianino, facendo da mediatore, sempre più strumenti e interessi che poteva condividere con i suoi compagni. Diciamo che all’esterno della scuola vivono pochi momenti con i loro coetanei perché non sono bambini che vanno dall’amichetto a fare i compiti o con loro al parco. Sei tu che crei i momenti.

Questo fino a quando non sono un po’ più autonomi, cosa che spesso non accade nella stessa fascia di età dei normodotati. Lo devi accettare ma anche questo punto della lista non è impossibile da risolvere. Non avranno mai una normale socialità o meglio, la loro socialità sarà diversa da come siamo abituati noi.

Pian piano, semino dopo semino, magari come è capitato a me, qualche giornata al cinema con le amiche la ottieni. Oppure una gita di classe o meglio un pomeriggio vicino a casa a mangiare un gelato. Diciamo che ti fai una cerchia di amicizie molto ristretta ma vera che non ti abbandona mai. Pochi ma buoni e questo vi dirò ha anche il suo lato positivo.

Altro punto della lista che spaventa è l’immaginativa: interessi ristretti, comportamenti e abitudini rigide, ripetitive e stereotipate. In poche parole l’inferno, come diciamo noi genitori all’inizio. Vi spiego meglio facendo esempi riferiti alla mia ormai ragazzina.

Il soggetto autistico, come si dice in gergo, è molto abitudinario. Ha bisogno di avere la giornata programmata e spesso, all’inizio, anche guidata da immagini. Poi il tutto si trasforma in una sorta di ‘lista della spesa’ che si alterna alle figure.

Un ‘modus’ che lo rende più sicuro e tranquillo. A noi genitori questa cosa cambia la vita, tuttavia sono riuscita ad abituare mia figlia agli imprevisti. Io stessa del resto, abituata a fare le cose all’ultimo momento, sono oggi molto più organizzata. Come vedete, il lato positivo si trova ovunque. Loro imparano cosa sono gli imprevisti e tu impari ad organizzarti. 

Inizialmente serve un metodo organizzativo anche per le azioni della giornata come fare i compiti, il lavaggio dei denti, il preparare la merenda e molto altro. All’inizio c’è un programma più ridotto fatto di meno azioni poi, man mano che entrano nella routine, non serve più.

L’altra cosa che diciamo cambia un po’ il tuo modo di vivere è che su ogni mobile e su ogni porta della casa devi mettere le immagini che riguardano le cose che hai messo in quel mobile e per far capire a lei che quella stanza è il bagno oppure la tua stanza. La foto che segue è un esempio.

A questa lista si aggiunge anche ansia e regolazione emotiva: manifestazioni anomale delle emozioni, difficoltà o incapacità di riconoscere le emozioni negli altri e di adattare di conseguenza il comportamento. Questa è la parte che affronto con piacere perché diciamo che mi ha messo molto in ginocchio. La paura che tua figlia si ferisca all’improvviso perché ad esempio non vuole andare a scuola, perché li non la capiscono.

Oppure quando vai in ferie e hai il terrore che in mezzo al campeggio, al ristorante oppure in spiaggia si butti per terra e si metta ad urlare e la motivazione non sei ancora abituata a individuarla. Inizialmente ti creano imbarazzo tutti quegli occhi che ti osservano e non sai perché proprio a te doveva capitare una cosa del genere. A me era presa un‘ansia pazzesca all’inizio. Evitavo ogni posto. Al supermercato sembravo un agente segreto. Mi guardavo intorno e spesso non me la portavo dietro a meno che non fosse necessario e cosi facevo un po’ con tutti i luoghi.

Però poi mi sono detta ‘se li eviti non affronterai mai le tue paure, il mondo deve vedere sia il lato bello di Chiara che il lato un po’ complicato. Poi pian piano cominci grazie a un percorso anche terapeutico a capire la causa scatenante delle crisi, ad osservarli e ad agire prima che si scateni il comportamento e lo accetti. Non lo vedi più come un cosa orribile, come una vergogna.

Lavorando su questo punto, insegnando a Chiara delle strategie e accettando anche questa sua caratteristica, devo dire che ora vado a fare la spesa, al ristorante, al bar con più serenità. Non faccio più caso agli occhi che mi osservano, anche se non nascondo che ancora capita che si faccia la pipì addosso oppure butti tutto per aria perché ha la delicatezza di un elefante in una cristalleria.  

Non dico che sia facile, anzi. Questo punto è un’ostacolo che spesso ti mette in grande difficoltà, però si migliora e si riesce ad accettare. Diventa una caratteristica di tua figlia come i capelli marroni. Spesso quando le amichette mi chiedevano se potevano stare con Chiara, mi guardavo attorno e mi chiedevo se sarebbe stata giornata storta. Ora la lascio tentare al massimo, sto nelle vicinanze pronta ad agire. 

A questa lista mancano molte delle sfide che affronta ogni giorno mia figlia e tutti i ragazzi come lei che si devono mettere spesso i loro desideri nel cassetto perché irraggiungibili. Ma non è sola, la strada la percorriamo assieme e noi per loro dobbiamo diventare i paladini che difendono i loro diritti.

Le scalate possono sembrare insormontabili, ma vi posso assicurare che non sono impossibili“. 

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