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Influencers. Perché ci piacciono, li seguiamo e ci vergogniamo a dirlo

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Il 68% degli intervistati prova un sentimento di tristezza verso gli influencer. Meno di 1 italiano su 10 ammette che vorrebbe essere un influencer. Attenzione: solo il 4% si affida ai consigli degli influencer in modo consapevole 

Dicembre 2019. Il Natale si avvicina, e con esso aumenta in modo esponenziale il bombardamento pubblicitario a cui siamo sottoposti.

Da qualche anno a questa parte, oltre alle pubblicità tradizionali, fatte di volantini, annunci radio e tv, banner, mail e testimonial, ci sono anche loro: l’esercito degli influencer!



Spaziano ogni settore e si dividono in categorie a seconda del numero di follower di cui dispongono. I brand sono disposti a investire sempre di più su questa forma di pubblicità non convenzionale.

Però resta sempre il dubbio: questo investimento funziona davvero? E soprattutto, cosa ne pensano i consumatori?

Gli esperti di Guidapsicologi.it dialogano con gli utenti sul fenomeno influencer per capire fino a che punto questi personaggi possono condizionare le nostre abitudini d’acquisto, gusti e necessità.

Vince la tristezza

Parlando di reazioni, davanti al fenomeno influencer il 68% degli intervistati prova un sentimento di tristezza, mentre si dividono in modo equo coloro che provano invidia (16%) e ammirazione (16%).

Spiega il Dott. Jacopo Biraschi, «Le dinamiche alla base della relazione follower-influencer possono essere associate a quelle spettatore-personaggi di un film. Apprezziamo un film perché la nostra mente tende automaticamente a immedesimarsi nella storia narrata, empatizzando e identificandosi con i personaggi, mezzi di trasporto del significato del film, del messaggio del regista. La mente agisce come se ciò che guardiamo fosse vero, facendoci sperimentare emozioni come simpatia e ammirazione, odio e disprezzo. L’influencer è il personaggio di un film estremamente complesso, dal titolo Social Network. I follower tendono a identificarsi con i personaggi, assimilando il massaggio da loro veicolato (brand e pubblicità) come proprio. È una sorta di danza di costruzione e strutturazione del senso di identità, mediato dalla visione del film».

Non ci piacerebbe essere influencer

Stando a quanto emerge dalle dichiarazioni degli intervistati, solo l’11% riconosce che vorrebbe essere un influencer, mentre l’89% non ci pensa proprio e anzi, critica aspramente la possibilità di svolgere questa attività.

Il gruppo del sì non ha dubbi, sono i guadagni ritenuti facili, a giustificare il sogno di essere influencer.

Il gruppo del no trova le proprie giustificazioni nel non volere entrare nelle dinamiche di un sistema che non condivide.

 Seguiamo o non seguiamo?

Sempre secondo le affermazioni dei consumatori, il 75% non segue nessun influencer, mentre il 25% segue qualcuno, e di questi solo il 3% ammette di seguire tutti gli influencer top del momento.

Le ragioni dei reticenti si poggiano sull’idea che è sempre meglio decidere ed eventualmente sbagliare con la propria testa piuttosto che farlo condizionati da altri.

«Tra follower e influencer la relazione è asimmetrica. Ammettendo di seguire qualcuno si riconosce e accetta di stare in platea, ponendosi sul lato “sfavorevole” della bilancia. A livello personale significa affermare un qualcosa che può suscitare vergogna: che l’altro ha più potere di noi e ricopre una posizione di maggior prestigio, che lui è l’attore e noi gli spettatori» afferma il Dott. Jacopo Biraschi.

È interessante vedere come questa forma di promozione risulti da condannare nell’immaginario collettivo rispetto a quella del più tradizionale testimonial, che è sempre esistito, e della pubblicità tradizionale, che da quando esistono muovono enormi quantità di denaro e opinioni di massa, influenzando gli acquisti, le mode e i bisogni di intere popolazioni.

«Gli influencer di oggi hanno almeno tre caratteristiche che li distinguono dai testimonial di ieri: sono più disponibili, online 24 ore su 24, 7 giorni su 7, sono più specifici, esistono talmente tanti influencer diversi da permetterci di sceglierne uno su misura per noi, sono meno distanti, rappresentano una realtà che non è più quella irraggiungibile della stella del cinema, ma raffigura la spontaneità del quotidiano».

Ci fidiamo o non ci fidiamo?

La risposta è no: solo il 4% si fida, mentre il 96% si dichiara scettico rispetto alle raccomandazioni degli influencer – o almeno così dice – perché le dinamiche di promozione sono ormai troppo evidenti.

Una conclusione che sorprende alquanto, visto che la maggior parte degli utenti di Instagram, oltre ai propri contatti diretti (amici e conoscenti), segue anche un buon numero di profili semplicemente perché ritenuti interessanti.

Sorge quindi spontaneo pensare che siano in molti a non essere pienamente consapevoli di star seguendo proprio degli influencer, e che essi condizionano le loro scelte quotidiane.

Aggiunge il Dott. Jacopo BiraschiLa consapevolezza è una parte molto ridotta della nostra mente, la quale opera per lo più in modo automatico e inconscio. Quello che avviene a livello più profondo è una fusione della persona con i social: una realtà parzialmente virtuale e composta da piattaforme differenti, divenuta ormai parte integrante del nostro senso di identità, struttura in piena regola del nostro Io, un Io che pur passando la maggior parte del tempo in platea non può fare a meno, anche se per un tempo limitato, di salire sul palcoscenico».

Resta da chiarire il perché di questo odio verso la categoria, e scopriamo che «è sostenuto dalla rabbia, la quale a sua volta si basa sul senso di ingiustizia.

Seguendo un influencer ci si potrebbe rendere conto che non è poi così diverso da noi, che non ha fatto chissà cosa per ricoprire quel ruolo, che in fondo anche noi potremmo essere la suo posto!

È qui che ha origine il senso di ingiustizia che sostiene l’odio degli haters, i quali finiscono per divenire ipercritici, addirittura aggressivi, pur di screditare ed umiliare l’influencer non ritenuto degno del suo ruolo.»

Chi sono i più seguiti?

Malgrado l’astio (apparente o veritiero) suscitato dalla categoria, gli influencer continuano ad aumentare i propri followers, e con essi i contratti e le collaborazioni con i brand.

Ma chi sono i più seguiti?
Il primo posto se lo aggiudicano la categorie Food & Travel con il 54%, seguono Moda & Design (23%) e Sport & Health (23%).

Queste nuove figure sono ormai una realtà consolidata, che al momento non sembra avvertire battute d’arresto.

Se è vero che l’opinione popolare tende a condannare pubblicamente la loro esistenza e la liceità delle loro sponsorizzazioni, dall’altro continua a premiarli in privato, elargendo cuori, facendo swipe up e probabilmente finendo per comprare negli e commerce proprio i prodotti da loro promossi, chiudendo così il ciclo di conversione e confermando il potere degli influencer.

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