Ambiente Natura
Studio rivela: fringuello alpino in pericolo a causa di cambiamenti climatici
Un recente studio pubblicato sul Journal of Biogeography suona l’allarme per il fringuello alpino, una specie ora considerata a rischio a causa degli impatti dei cambiamenti climatici e della frammentazione degli habitat. Il lavoro di ricerca ha messo in luce la pericolosa combinazione di alta consanguineità e ridotta mobilità tra le popolazioni di questi uccelli, endemici delle alte quote alpine.
Le richieste ambientali particolari del fringuello alpino, insieme ad altre specie come il sordone e la pernice bianca, li espongono a un rischio elevato di fronte ai cambiamenti climatici e alle alterazioni antropiche nel loro habitat montano. Questo include l’impatto del turismo e lo sviluppo di infrastrutture connesse, che contribuiscono a ridurre e frammentare ulteriormente gli habitat idonei a queste specie.
Un elemento chiave per valutare la sopravvivenza a lungo termine di queste specie è la loro capacità di spostarsi e di mescolare i geni tra popolazioni isolate. La frammentazione degli habitat ha reso difficili questi scambi genetici, essenziali per la salute delle popolazioni. Le ricerche condotte dal Museo di Scienze Naturali dell’Alto Adige, insieme all’Università Statale di Milano, all’Università di Oulu, al Museo delle Scienze di Trento (MUSE) ed Eurac Research, hanno evidenziato una preoccupante mancanza di dispersione tra le popolazioni di fringuello alpino.
Gli studi genetici su vari esemplari hanno mostrato che la dispersione degli uccelli diminuisce significativamente oltre i 20-30 chilometri di distanza, con molti individui che scelgono di rimanere a riprodursi nelle loro aree natali. Ciò limita il necessario flusso genico e aumenta il rischio di inincrocio. Sorprendentemente, il 20% degli uccelli analizzati si è rivelato nato da accoppiamenti tra genitori imparentati, evidenziando una dispersione insufficiente a garantire accoppiamenti con partner non imparentati.
Francesco Ceresa, ornitologo e primo autore dello studio, esprime preoccupazione per questi alti livelli di inincrocio, che potrebbero portare all’espressione di mutazioni recessive dannose, riducendo la vitalità e il successo riproduttivo degli uccelli. La situazione potrebbe sfociare in estinzioni locali, riducendo ulteriormente la popolazione e l’areale di riproduzione.
Petra Kranebitter, coordinatrice dello studio, sottolinea l’importanza di proteggere questi habitat montani, considerando gli uccelli alpini come indicatori dello stato di salute degli ecosistemi di alta montagna.
L’ecologo Mattia Brambilla, co-autore dello studio, ricorda che questi risultati si aggiungono al crescente corpo di evidenze sugli effetti dei cambiamenti climatici sulle specie alpine, che comprendono contrazioni di areale, modifiche agli ambienti di foraggiamento, alterazioni fenologiche e l’intensificarsi degli impatti umani.
Il progetto di ricerca, finanziato dalla Provincia Autonoma di Bolzano, mira a fornire ulteriori dati sulla connettività delle popolazioni aviarie d’alta quota, con ulteriori pubblicazioni su Molecular Ecology e Journal of Avian Biology che approfondiscono il tema della sopravvivenza di queste specie in un ambiente in rapida evoluzione.
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