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Perché si smette di amare?

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Perché si smette di amare?

Al principio tutti i pensieri appartengono all’amore. Dopo, tutto l’amore appartiene ai pensieri. (Albert Einstein)

Smettere di amare non è una decisione che si prende in un istante.



E’una situazione che ci appartiene nella misura in cui restiamo fermi verso qualcosa che tendiamo a valutare come non più in linea con la nostra vita, si smette di amare perché ammettiamo a noi stessi che non ne vale più la pena.

L’innamoramento, che sia conseguenza di un colpo di fulmine, o sia il risultato più lento di una conoscenza sbocciata nel riconoscimento di particolari affinità che ci uniscono nel nostro lato emotivo e mentale scatenando un’attrazione fisica diretta, è comunque un evento che non rimane racchiuso in percorso definito.

Che lo pensiamo o meno, ogni relazione ha un suo svolgimento, una sua evoluzione che non si può prevedere dall’inizio. La prospettiva di coltivare un amore eterno, che ci gratifichi per sempre, portando la nostra vita in una dimensione di felicità condivisa dall’unione di coppia, è un sogno che coltiva la maggior parte di noi, a cui in molti sono affezionati. Sicuramente si può pensare che questo possa avvenire, ma l’evidenza delle situazioni di vita, ci dà un quadro delle relazioni che, ahimè, non segue questo traguardo sublime. Allora come si può capire quando l’amore svanisce? Siamo in grado di riconoscere i segnali che qualcosa non è più come prima? E come fare per rendersene conto e affrontarli?

Quando un amore sta per finire, è il momento della sofferenza, qualcosa è cambiato, ci si rende conto che non c’è più quel trasporto verso quella persona a cui avevamo dato il nostro cuore. Ma il tempo dell’amore è un tempo che cambia forma, per cui l’amore non ha la stessa dimensione nelle diverse fasi di una relazione di coppia. 

Innamorarsi di qualcuno è una “miccia” imprevista che accende in noi un universo di emozioni e di passione, che vogliono uscire ad ogni costo e manifestarsi nella loro grandezza e autenticità.

La prima fase dell’innamoramento corrisposto, definito da Francesco Alberoni, “uno stato nascente di un movimento collettivo a due”, è qualcosa di assolutamente vitale e potente. Lo stato di innamoramento cambia la percezione delle cose che stiamo vivendo, perché invade una tale quantità di emozioni positive, che tendiamo a filtrare la realtà secondo il film dell’amore che stiamo vivendo. I cinque sensi amplificano il loro potenziale. 

Ma cosa succede quando questo film cambia la sceneggiatura, e la relazione si pone in una fase diversa?

Proprio così, la relazione è il punto da cui partire.

L’amore può spegnersi per ragioni oggettive, causate dalle difficoltà di una convivenza abitudinaria, dall’emergere di delusioni non preventivate, dal disinteresse per la coppia come elemento portante della relazione, dall’alimentare troppo il proprio ego.

Ma anche per motivi più oggettivi, come possono essere tradimenti, mancanza di rispetto, maltrattamenti psicologici e fisici, abusi e manipolazioni, offese, malattie, difficoltà economiche, rendersi conto di non accettare la vita impostata secondo una modalità di coppia, l’impreparazione, o la semplice immaturità più o meno consapevole di vivere la vita nella modalità di coppia.

Certamente delimitare lo spettro che determina la crisi, non è la via più sicura per dare degli spunti di riflessione. Bisogna accettare un’alea di imprevisto nell’affrontare la vita in due piuttosto che da soli. 

In questa dinamica duale un fatto che ha indubbiamente notevole importanza, è il possibile calo del desiderio, che può raggiungere il rifiuto sessuale, la mancanza cioè di un vivo interesse per l’unione fisica con il partner. La maturità troppo vissuta come tale, la presunta conoscenza reciproca in ogni angolo del proprio corpo e della psicologia del desiderio del partner, con il tempo, diventano un aspetto scontato, che non ha più quel fascino della scoperta quotidiana, e quel momento di intimità tanto desiderata negli spazi liberi dopo una giornata ricca di impegni e lavoro.

Senza un dialogo costante, un’ironia affettiva fatta di condivisione delle emozioni e dei sentimenti che si provano, c’è il rischio di un appiattimento che parte dall’emotività non percepita, che si riflette sul desiderio e quindi sulla vita sessuale. 

Senza sesso non c’è amore, senza amore non c’è sesso, difficile voler capire subito le dinamiche di questo. 

Il fatto è che, dietro una condivisione dell’intimità sessuale nella coppia, si può manifestare anche il rischio di mentalizzare un rifiuto più o meno palese, e il pensiero di essere sostituiti da qualcun altro in termini di interesse, può provocare una sensazione negativa che allontana il bisogno di aver vicino il partner.

Una volta individuati i probabili segnali di un malessere nella coppia, si innesca un’altra fase, quella della ricerca di una spiegazione. L’ansia di giustificare un comportamento che non capiamo, porta a formulare tutta una serie di valutazioni per assecondare il nostro distacco cognitivo. “Forse è il lavoro che lo stressa…forse la salute…ha bisogno di riposo…” etc…Si crea così nella mente dei partner un bisogno di diagnosticare un disagio che non si vuole ammettere e accettare come manifesto.

Con l’accettazione del fatto che qualcosa si è spezzato, è facile far seguire il momento dello scoramento, della delusione e quindi inevitabilmente del dolore. Se insistere diventa una coazione a ripetere di qualcosa che si è spezzato, alimentare la speranza rappresenta un rischio che procastina il passaggio ad una nuova fase di vita. 

Gli schemi inconsci precostituiti guidano spesso le nostre scelte e le nostre decisioni, e ci muoviamo con il pilota automatico. Per questo nella fase del dolore si possono elaborare una serie di meccanismi che generano del rancore verso chi fino a poco tempo prima era il nostro oggetto d’amore, il compagno di vita. Il rischio è quello di amplificare senza la dovuta prudenza questo sentimento, e vivere nell’attesa o nel rimpianto. Quando invece, la soluzione migliore è quella di lasciar scorrere e attraversare una fase di vita che ci ha provocato un simile shock emotivo e di vita. 

 

Come diceva Oriana Fallaci:

“È la vita. A volte credi che due occhi ti guardino e invece non ti vedono neanche. A volte credi d’aver trovato qualcuno che cercavi e invece non hai trovato nessuno. Succede. E se non succede, è un miracolo. Ma i miracoli non durano mai.” 

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