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L’impertinente

Il video del cadavere di Peter corre sui social. Quelle immagini che non abbiamo il diritto di guardare

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L’atroce spettacolo della morte corre sul social. Succede in queste ore, durante le quali è ormai diventato virale in canali di messaggistica istantanea come Whatsapp e Telegram il video del corpo senza vita di Peter Neumair, scomparso assieme alla moglie Laura Perselli la sera del 4 gennaio scorso. Nel suo lento fluttuare lungo il corso del fiume Adige, ormai in avanzato stato di decomposizione dovuto alla lunga permanenza in acqua, il cadavere viene trascinato dalla corrente.

Tutto il senso del drammatico epilogo di uno dei casi di cronaca più discussi degli ultimi 30 anni in Alto Adige è visibile lì, nelle crude immagini di un filmato girato con un telefonino da un passante certamente scioccato dal tragico avvistamento, ma istintivamente pronto, in uno slancio degno di questa nuova era tecnologica, ad immortalare ciò che solo i suoi occhi avrebbero altrimenti potuto ricordare nei tempi a venire.

E siamo certi che non avrebbe voluto essere esposto né ricordato così Peter Neumair, poco prima di essere ripescato dagli uomini del soccorso arrivati rapidamente sulla pista ciclabile che si trova all’altezza del ponte di Ravina, nella zona di Trento sud. Il video in questione, dai canali di messaggistica rischia ora, se già non è successo, di arrivare a circolare in maniera fin troppo rapida in piattaforme ben più ampie a livello di visibilità pratica come Facebook e Instagram.

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Ma si sa, la sovraesposizione al macabro rende il senso della morte più leggero e in qualche modo, meno impattante. Come accaduto per Marylin, Elvis e innumerevoli volti celebri del cinema, della musica e dello spettacolo, i cui scatti rubati pochi istanti dopo il decesso sono state diffusi in almeno la metà del globo terracqueo, anche a Peter è toccato dunque questo lungo attimo di involontaria, non richiesta ulteriore celebrità.

E’ la nuova democrazia del diritto a quell‘informazione che si ingurgita e si risputa (nei casi peggiori di ‘rivomita’) nel tempo di un click. Nessuna traccia di quella esclusività che un tempo segnava il confine con un ‘privilegio’ spettante unicamente agli addetti ai lavori i quali poi, attraverso filtri adeguati, passavano l’informazione alla pluralità dei cittadini. Un’informazione che invece oggi passa di mano in mano e di bocca in bocca in maniera quasi sempre incontrollata grazie ai network di rete. Un bel dilemma, quello del diritto all’informazione nell’era della tecnologia alla portata di tutti.

 

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